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GIORGIO BANDINI
MANUALE DI ECONOMIA POLITICA
PICCOLA BIBLIOTECA SCIENTIFICA = 13
VILFREDO PARETO
MANUALE
ECONOMIA POLITICA
INTRODUZIONE ALLA SCIENZA SOCIALE
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SOCIETÀ EDITRICE VVSTX^Ck
MILANO- Vii Ausoqìo, 22 • Gali. De Crisi., 54-35
A V VERTENZE
Quando in ini capitolo si cita un paragrafo dello stesso capitolo è indicato semplicemente con §. Se il paragrafo è di altro capitolo, precede il numero del capitolo.
Esempi: Nel_I capitolo, p. 3, (§4), indica il paràgrafo 1 de lo stesso capitoli». Sempre nel I capitolo, p. 24 (TI, 6), indica il paragrafo 6 del capitolo II.
Nelle citazioni, Cours indica il nostro Cours d'Econo- mie politique, Lausanne 1890, 1897 ; e Sy stèrne», indica il nostro libro Le» sys tèrne» socialiste», Paris, 1903.
1919 — Tip. iMariani - Via Stelvio, 21 - Milano
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Proemio
fi presente manuale ha per scopo di esporre, in un volume di piccola mole, i principii della scienza economica; e solo col fine dimostrare per via d'esempio, meglio che con una semplice dichiarazione, in quale relazione stanno i fe- nomeni economici cogli altri fenomeni sociali, si principia col dare di questi un ristrettis- simo cenno.
La materia è qui esposta in modo alquanto diverso da quello usato nel Cours che pubblicai anni or sono; e di tale differenza a me con- viene rendere ragione al lettore; il che farò liberamente, senza lasciarmi trattenere da alcun riguardo, e come se il Cours fosse stato scritto da altro autore.
Da prima, la parte della teoria pura, più che nel Cours, nel presente mannaie si discosta dai metodi detti classici. Nel Cours rimane fondamentale la partizione del fenomeno eco- nomico nel baratto e nella produzione; la quale partizione, per dir vero, è forse quanto di meglio si può avere empiricamente, ma non è forse egualmente buona per investigare scien-
Vi PROEMIO
tificamente le relazioni intrinseche dei feno- meni. Per conseguire tale scopo, meglio panni giovare la via seguita nel presente manuale, col considerare il fenomeno economico come nascente dal contrasto tra i gusti degli uomini e gli ostacoli incontrati per soddisfarli; la quale via altresì conduce subito a porro in luce il concetto dell'equilibrio economico.
Nel Conrs rimane pure fondamentale, come lo era nell'economia detta classica ed anche nella nuova economia matematica, il concetto del capitale. Ed anche qui ripeteremo che sa- rebbe difficile di considerare empiricamente i fenomeni in modo molto diverso. Ma scienti- ficamente, il coi cetto poco rigoroso del capiti le deve dare luogo a quello inolio più preciso delle trasforma? io li dei beni economici. Con ciò non si rinu ìz a all'utile che si pub avere dille dottrine empiriche; ma ad esse si fa ri- torno dopo di ;vtre dato precisione e rigore ai «-,oi setti che : &< peran >. È comodo discorrere di capitali, ma ciò si deve solo fare dopo cbe si è definito chiaramente a quali cose reali corrisponde quel termine; ed inoltre è utilis- simo il mostrare come tutta la teoria dei fe- nomeni economici possa essere instituita senza avere bisogno di ricorrere al termine ed al concetto di capitai".
Similmente, il concetto del prezzo non è es- senziale, e se ne può, sebbene più difficil- mente, fare a meno. Ciò è posto assai meglio in luce qui che nel Court.
Nel concreto, i fenomeni economici accadono quasi sempre con prezzi costanti per le «suc- cessive porzioni barattate; i prezzi variabili bì osservano molto meno spesso. Perciò nel Cours si considerarono quasi esclusivamente i primi; e se ciò può essere sufficiente per uno studio empirico, in uno studio scientifico si deve invece considerare i prezzi variabili ; non solo perchè così meglio appare l'indole dei feno- meni, ma anche perchè la stessa materia em- pirica, merco tali considerazioni, più chiara di- venta e meglio s'intende. Qui abbiamo dunque dato ampia sede, per quanto lo consentiva la ristrettezza dello spazio, allo studio dei prezzi variabili.
Tacìo di altre minori divergenze, che il di- screto lettore subito vedrà (piando voglia pa- ragonare il presente manuale col Cours.
Poscia, lo studio dei fenomeni concreti è pure diverso nelle due opero; e non troviamo solo, come nella teoria, modi vari di conside- rare una stessa cosa, ma vi sono, in qualche luogo, nel Cours, modi erronei.
Sgorgano tali errori da due fonti principali. La prima è una sintesi incompleta, per tornare dall'analisi scientifica alla dottrina concreta. L'autore ha notato la necessità di quella sin- tesi completa, ma poi, senza avvedersene, in parte l'ha trascurata qualche volta, se non esplicitamente, almeno implicitamente. Valga per ogni altro esempio quello del lìbero cambio
e della protezione. Scientiheamente si può di- mostrare ehe la produzione solitamente reca una distruzione di ricehezza. Lo studio dei fatti passati e presenti dimostra che la prote- zione è conseguita, in gran parte, mercè l'o- pera di coloro che ne traggono vantaggio per appropriarsi le cose altrui. Ma hasta ciò per condannare, nel concreto, la protezione? No davvero ; occorre hadaro alle altre conse- guenze sociali di tale ordinamento, e decidersi solo dopo di avere compiuto questo studio.
Credo che tale risposta sarebbe pure stata data dall'autore del Cours; onde l'errore non è propriamente esplicito, ma l'autore si esprime spesso come se, nel concreto, il libero cambio fosse in ogni caso buono, la protezione, in ogni caso cattiva, e tali asserzioni suppongono che si muova da qualche proposizione mac- chiata dell'errore accennato.
Appare pure il difetto di sintesi in altri casi, per esempio nella nota del § 221, in cui si dà colpa dell'incremento del debito pubblico inglese a guerre dannate senza altro come inutili e capricciose. Né varrebbe, per scusare l'autore, l'osservare che quella nota riproduce uno scritto di altra persona ; poiché l'autore, col non riprovare le opinioni contenute in quello scritto, mostra di farle proprie, almeno in parte.
Del resto non è solo peccato di ommissione, poiché, in tutto il Cours, qua e là si vede che l'autore ritiene essere la pace, la libertà eco»
nomica e la libertà politica, i migliori mezzi per conseguire il bene dei popoli. Ma di tale proposizione egli non dà, né pnò dare, dimo- strazione scientifica, cioè movente solo dai fatti; onde quella credenza trascende, almeno per ora, dalla realtà oggettiva, ed in gran parte pare avere sua origine nel sentimento. Perciò appunto era da escludersi assolutamente da un'opera che mirava solo a studiare scien- tificamente i fatti; e l'autore non doveva la- sciare che vi si introducesse, sia pure di stra- foro e casualmente.
L'altra fonte di errori è meno palese, e dai più, anzi da quasi tutti, è stimata fonte non di errori ma di verità. Essa sta nello avere considerato in modo quasi esclusivamente og- gettivo, le proposizioni enunciate senza tenero il debito conto del fenomeno soggettivo.
Sia una proposizione qualsiasi, e per lasciarla indeterminata la esprimeremo dicendo A è B. Sogliono i teorici, mentre gli empirici per istinto spesso scansano tale errore, ritenere che l'effetto di tale proposizione su una società dipende solo dall'essere vera, o falsa, oggetti- vamente, e dall'essere nota, od ignota, al mag- gior numero degli uomini che fanno parte di questa società. Quindi, quando si è trovato ciò che si crede essere la verità, non rimane da avere altra cura se non di divulgare questa dottrina. Tale opinione, oltremodo generale, epicca assai bene negli scritti dei filosofi frau-
cesi della fine «lei secolo XVIII, od in mol i degli iscritti degli economisti detti oli Essa si confò ottimamente coi sentimenti di umanità e di filantropia, e sarebbe pn da desiderare che fosse vera; ma di mente non c'è forse, in tuttala scienza socii le, opinione che maggiormente ripugni ai fatti e ad essi contrasti. In molti e molti casi, I o la credenza degli uomini, per virtù pi ed indipendentemente dal .suo contenuto og- gettivo, li spinge ad operare in cerio modo Alle due indagini di cui si è fatto cenno, occorre dunque aggiungere una terza, e ricer- care quale effetto abbiano sugli uomini certo credenze. Poscia gioverà studiare i modi come nascono e si divulgano queste cred< ,./e; le quali due operazioni stanno da sé, e senza essere necessariamente congiunte colla realtà ogget- tiva della proposizione A è B a cui prestano fede quegli uomini.
Tutto ciò fu inteso dall'autore dei Sy$ socialistes, ma non sempre tenuto presente dallo stesso autore, mentre scriveva il Cours; il quale perciò, da quella parte, appare manchevole.
Nel presente volume, mi sono adoperato come meglio ho saputo e potuto per scansare simili errori .
Nessuno dei fatti citati nel Cours b stato mostrato falso, per quanto io sappia, dall'altrui critica (1), né tale mi è stato palesato da una
(1) Ci furono brave persone, eri anoho qualche ipocrita,
severa revisione a cui ho sottoposto l'opera. Se avessi t ato che qualcuno di quei fatti non sussistesse, non avrei il menomo ritegno di aggiungere la confessione di quest'errore a quella ora fatta di altri errori.
I fatti dai quali si deduce qualche teoria si possono scegliere nel passato o nel presente. Ciascuno di quei modi ha i propri pregi e i propri difetti. I fatti del presente sono spesso meglio noti, specialmente nei particolari, onde, oggettivamente, sono talvolta da preferirsi ai fatti del passato. D'altra parto, essi feriscono maggiormente le passioni, onde, soggettiva- mente, meno giovano ; ed i fatti del passato utilmente li sostituiscono.
Chi mira a persuadere altrui che A è B deve scansare con somma cura ogni contrasto non necessario. A lui conviene necessariamente pugnare contro colui che asserisce A non essere B ; ma non lo preme eguale necessità per contra- dire chi crede che X è Y, o che T è U. Perciò se, per dimostrare che A è B, egli può recare tanto questa come quella proposizione, a lui gioverà scegliere la proposizione ripugnante
qualche lupo colla pelle d'agnello, che, senza in alcun modo contestare la verità dei t'isti!, mi biasimarono per averli riferiti. Perchè dissi il vero dei policanti che stra- ziavano l'Italia, mi sì diede taccia di aver detto male dell'Italia. Questa miseria non mi lungo, e ne rido, ri- petendo i versi del Boileau :
« Qui méprise Colin n 'estimo point son roi, Et n'a, selou Cotin, ni Diua, ni lui, ni loi!».
al minor numero di persone che vuole persua- dere. Supponiamo che la proposizione A è B eia oggettivamente dimostrata molto meglio ricorrendo alla proposizione X è Y, che alla proposizione T è U; e supponiamo altresì che la prima proposizione ripugni assolutamente ai sentimenti degli uomini che si vogliono persuadere, mentre la seconda riesca a loro indifferente. Chi mira solo a ricercare le re- lazioni delle cose, per dimostrare che A è B, preferisce di movere dalla proposizione X è Y; chi invece mira a persuadere altrui, a divul- gare la scienza, moverà di preferenza dalla proposizione T è U.
In questo scritto si ha per unico intento dì ricercare le relazioni dei fatti, le uniformità • leggi che in quelle relazioni si osservano; perciò si è sempre preferito il primo genere di dimostrazione ; e solo quando le due di- mostrazioni sono egualmente buone oggetti- vamente, si è scelto quella che meno può of- fendere i sentimenti del maggior numero.
Per dimostrare certe proposizioni della scienza economica è necessario di ricorrere alla mate- matica. Le dimostrazioni di tale qualità sono state raccolte nell' Appendice, e tutto il rima- nente del volume può esser letto anche da coloro che non hanno pratica delle discipline matematiche.
CAPITOLO I. Frincipii generali
1. Tra gli scopi che può aver uno studio dell'eco- nomia politica e della sociologia si possono notare i tre seguenti: 1.° Può quello studio essere una rac- colta di ricette che tornino utili ai privati ed alle autorità pubbliche, nelle faccende economiche e so- ciali a cui intendono. L'autore ha semplicemente di mira quell'utilità, come l'autore di un manuale sul- l'allevamento dei conigli ha semplicemente per scopo di giovare a chi alleva quelle bestiuole. 2.° Può l'autore possedere una dottrina da lui ritenuta ot- tima e tale da procacciare ogni sorta di beni ad una nazione od anche all'uman genere, e proporsi egli di divulgarla, a modo d'apostolo, alle genti, per faro queste contente e felici, o semplicemente, come ora suol dirsi, « per fare un poco di bene ». Lo scopo è ancora l'utilità, ma è una utilità molto più generale e meno terra a terra. Dallo studio prece- dente a questo, corre all'ingrosso la differenza che ci può essere una raccolta di ricette e un libro di mo- rale. Questo modo si attenua nella forma, rimanendo sostanzialmente lo stesso, quando l'autore sottoin- tende la dottrina da lui ritenuta migliore ed ac-
Economia politica. - 1.
2 PRINCIPI1 GENERALI [51 1]
cernia semplicemente che studia i fenomeni collo scopo di conseguire il bene dell'umanità (1). Se- guendo tale via la botanica stuellerebbe i vegetali, rollo scopo di conoscere «piali sono utili all'uomo, la geometria studierebbo linee e superficie, collo scopo di misurare i campi, ecc. Principiano, è vero,
(l) Nel 1904, (t. de Greef dà ancora questa definì - ZWD6 (Sociol. écon., p. 101): « L'ecuiiomique est cotte partie fondamentale de la scianco sociale qui a ponr objot l'étude et la oonnaissance du fonctionneraent et de la structnre du systèrao nutritif dea snciótés en vuo do leur conser- vation et ansai do leur perfectionnmuent parla rèduci ion progressive de l'offort huniain et du poids mort et par l'accroissoment do l'etTet utile, dans l'intérèt et ponr le bonhonr conimnns do l'individu et de l'espèce organisés en société ».
Sa ciò c'è da osservare: 1.* È singolare che per defi- nizione si dia una metafora (système nutritif). '2,.° L'é- conomiqtie si occupa della produzione dei veleni, della costruzione dello ferrovie, delle gallorie conio quello acl Gottardo, delle corazzate, ecc. ? Se no, quale scienza so no occupa? Se sì, tutta quella bella roba è mangiata dalla società (système mitrittf)'ì Che appetito! Santa Lucia conservi la vista alla signora società ! 3.° Quello studio è fatto con uno scopo pratico-umanitario (en vue), quindi è veramente definita un'arte e non una scienza. 4.° Si sa che le definizioni non si discutono; perciò dentro non si può includervi teoremi. Il nostro autore ce ne includo parecchi. C'è il perfezionamento che si ottiene colla riduzione del poids mort (i capitalisti ne devono fare parte, così sono condannati per definizione), c'è il bonheur commun de l'individu et de l'espèce ; col che, sempre per definizione, si fa sparire la difficoltà di sa- pere quando esiste quella felicità comune, e quando in- vecel' utile dell'individuo si oppone a quello della specie o vico versa. E ci sarehbero anche altre osservazioni, mn basta su tutto ciò.
[$ ]] PRlNCiril GENERALI 3
così le scienze, nascendo sotto l'orma di arte, ma poi, poco alla volta, si svolgono a studiare i feno- meni indipendentemente da altri scopi. 3.° Può l'au- toro mirare unicamente ad investigare e rintracciare le uniformità che presentano i fenomeni, ossia le loro leggi (§ 4); senza il menomo scopo di una'uti- lità pratica diretta, e non mirando in alcun modo a dare ricette o prefetti, e nemmeno a procacciare la felicità, l'utile, il benessere dell'umanità 0 d'una parto di ossa. Lo scopo in tal caso è esclusivamente Bcen tifico : cioè di conoscere, di sapere, e basta.
Avverto il lettore che in questo mannaie procuro di raggiungere esclusivamento questo terzo scopo ; colla qualcosa non intendo menomamento deprìmere o disprezzare i duo primi, ma solo partire i modi clic si possono tenere per ragionare della matèria, e sceglierne mio.
Lo avverto pure clic, procuro per quanto sta in me, o so quanto la cosa è diflìcile onde anticipata- mente chjedo venia per possibili errori, di usare solo termini che corrispondono chiaramente a cose reali ben definite, e non invece termini atti ad ope- rare sul sentimento di chi legge; col che, ripèterò, non intendo menomamente deprimere o disprezzare quest'ultimo modo; anzi ho per fermo che è il solo il quale giovi per persuadere gran numero di per- sone : onde deve necessariamente essere usato da chi ha tale scopo. Ma in questo libro non miro a per- suadere chicchessia, miro solo a ricercare le unifor- mità dei fenomeni. Chi ha diverso scopo, troverà libri a dovizia che a lui soddisfaranno, di quelli si pasca e lasci stare questo ; il quale, come diceva il Boccaccio delle sue novelle, non correrà dietro a nessuno a farsi leggere. Il mondo ò bello, dice il proverbio, perchè è vario.
4 PR1N0JTH GBNURALI [§ 2-3]
2. Iu quasi tutti i rami dello ecibile umano sono Btati tenuti i tre modi che furono accennati sopra per lo studio dei fenomeni, e per solito hanno cro- nologicamente l'ordine in cui sono ora stati notati ; coll'av vertenza che il primo si mescola spesso col se- condo ; e che il secondo per certe materie molto pratiche, è di poco momento.
Il libro di Catono : De re rustica appartiene al primo modo, con qualche accenno del secondo, nel proemio; i libri che sul finire del secolo XVIII si stampavano in Inghilterra in favore dei nuovi me- todi di cultura appartengono parte al secondo modo, parte al primo ; i trattati di chimica agricola e di altre simili scienze appartengono in gran parte al terzo modo.
Nella storia naturale di Plinio ci sono ricette chi- miche o fisiche ; altre ricette si rinvengono nei libri di alchimia ; le opere moderne sulla chimica appar- tengono invece al terzo modo.
3. Per l'economia politica si trovano ancora, nella maggior parte dei libri, usati i tre metodi, e la separazione della scienza dall'arte non è ancora compiuta. Non solo il terzo metodo non si trova generalmente schietto e genuino nei trattati di eco- nomia politica, ma l'uso esclusivo di quel metodo è dal maggior numero degli autori biasimato. Adam Smith dice chiaro e tondo che « l'economia politica, considerata come un ramo delle conoscenze del le- gislatore e dell'uomo di Stato, ha due scopi, cioè: il primo è di procuraro al popolo un'entrata e un mantenimento abbondante, o per dir meglio, di farlo capace di procurarsi da sé quell'entrata e quel man- tenimento abbondante ; il secondo è di procacciare allo Stato o alla collettività una entrata bastante per il servizio pubblico, L'economia politica mira a
[§ 3-5J PRINCIPII GENERALI 5
fare ricchi popolo e sovrano ». Sarebbe quindi inte- ramente il primo modo di ragionare dell'argomento; fortunatamente lo Smith si distacca dalla defini- zione data ed usa in gran parte il terzo modo.
John Stuart Mill dice che <s gli economisti vo- gliono ricercare ed insegnare l'iudole della ricchezza • le leggi della sua produzioue e della sua distri- I uzione ». Con tale definizione si tiene il terzo modo ; ma il Mill spesso ai accosta al secondo e predica in prò dei poveri.
Paul Leroy Beaulieu dice di essere tornato al metodo di Adam Smith ; egli è anche tornato più in su, e nel suo trattato tiene spesso il primo modo e alcune volte anche il secondo ; del terzo poco usa.
4. Le azioni umane presentano uniformità, ed è solo mercè tale loro proprietà che possono essere oggetto di uno studio scientifico. Queste uniformità hanno pure un altro nome, e si dicono leggi.
5. Chi studia qualche scienza sociale, afferma alcun- ché circa gli efletti di un dato provvedimento econo- mico, sociale, o politico, ammette implicitamente l'esistenza di quelle uniformità, poiché altrimenti il suo studio non avrebbe oggetto, le sue affermazioni non avrebbero fondamento. Se non ci fossero uni- formità non si potrebbe fare, con qualche appros- simazione, il bilancio preventivo di uno Stato, di un Comune e nemmeno di una modesta società in- dustriale.
Ci sono autori che negano la esistenza di unifor- mità (leggi) economiche e che vogliono scrivere la storia economica di un popolo. Costoro cadono in un'amena contraddizione. Per fare la scelta dei fatti accaduti in un dato tempo e sceverare quelli che si» vogliono rammentare da quelli che si trascurano
ó* PRINCIPI! BBNKRAEI [$ 5-6]
occorre ammettere certo uniformità. So i fatti A, 15, C..., si separano dai l'alti M, N, P..., è perdio si ò osservato clie i primi seguono uniformemente insieme, mentre non stanno uniformemente coi se- condi; e tale affermazione è affermazione di una legge. So chi descrive la semina del grano non am- mette le uniformità, dovrà tenero nota di ogni par- ticolarità ; dovrà per esempio dirci ho l'uomo elio «emina ò di pelo rosso o nero, come ci dice che si semina dopo di avere arato. Perchè si omette il primo fatto e si tiene conto del secondo? Perchè*, si dire, il primo nulla ha die fare colgérniogliajre-'e crescere del grano. Ma che vuole dire ciò! Vuol dire che il grano germoglia e cresce allo ste.'so moilo se chi Io semina è di pelo rosso, o nero ; cioè che la i omhimizione dei due fatti non presenta ;il- cuna imi formila. Invece quell'uniformità esiste tra il fatto dell'essere arato, o no, il campo ed il cre- scere Lene, o male, il grano.
6. Quando affermiamo che A si è osservato con B, taciamo solitamente se consideriamo quell'incon- tro come fortuito, o no. Di tale senso equi vi co si valgono coloro che vogliono esporre un'eci n mii politica propria, pure negando che esista quella scienza. Se voi dite loro che, affermando che A ac- compagna B, ammettono un'uniformità, una legge, rispondono : « no, narriamo un fatto passato » . Ma attenuto per tale modo il consenso alla loro impo- sizione in un senso, tosto ne usano in un altro e predicano che pel futuro A sarà unito a B. Colui il quale, dal fatto che i fenomeni economici o so- ciali A e B furono uniti in certi casi, pel passalo, trae la conseguenza che saranno pure uniti pel fu- turo, manifestamente afferma un'uniformità, una Legge ; onde è proprio ridicolo se, dopo ciò, nega l'esistenza di leggi economiche e sociali.
[§ 6-7] PftlNCIPII GKNKllALI 7
Se uou si ammettono uniformità, la conoscenza del passato e del presente è mera curiosità, e nulla se ne può ìieavaro pel futuro; tanto vale leggere 'Orlando furioso dell'Ariosto come la storia di Tucidide; e se, invece, da quella conoscenza si ri- cava la menoma deduzione pel futuro, si ammette, almeno implicitamente, un'uniformità.
7. Nò le leggi economiche e sociali, né le altre leggi scientifiche patiscono propriamente eccezioni. Un'uniformità non uniforme non ha senso alcuno.
Ma le leggi scientifiche non hanno un'esistenza oggettiva. L'imperfezione della nostra mente non i-i consente di considerare nel loro insieme i feno- iiu ni, siamo costretti a considerarli parti tameute. Quindi, invece di uniformità generali, che sono e ci rimarranno sempre incognite, siamo costretti a con- siderare infinite uniformità parziali, le quali in mille modi s'intrecciano, si sovrappóngono, si contrastano. Oliando consideriamo una di quelle uniformità, e che i suoi effetti sono alterati o mascherati da ef- fetti di altro uniformità, che non volevamo conside- rare, si suole dire, ma la locuzione è impropria, che l'uniformità o leggo considerata patisce ecce- zioni. Ammesso questo modo di esprimersi, le leggi fisiche e chimiche e perfino lo matematiche (1) pa- tiscono eccezioni, precisamente come le leggi econo- miche.
Secondo la legge di gravità, una piuma lasciata
(1) Supponiamo clie un matematico possa osservare, ad un tempo, spazi euclidiani e spazi non-euclidiani. Nei secondi vedrà che i teoremi di geometria i quali dipen- dimi) dal postulato d'Euclide non sono veri, e quindi, adoperando la locuzione di cui si fa cenno nel testo, dirà che patiscono eccezioni J
8 PKIMCIl'II GENERALI [$ 7-10J
libera nell'aria dovrebbe cadere verso il eentro della terra. Invece spesso se ne allontana portata dal vento. Si potrebbe dunque dire che la legge di gravità pa- tisce eccezioni ; ma è locuzione impropria, non usata dai fisici. Vi sono semplicemente altri fenomeni ohe mascherano quelliche considera la legge di gravità(l).
8. Ogni legge o uniformità è vera soltanto sotto certe condizioni, le quali stanno appunto ad indi- care quali sono i fenomeni che vogliamo sceverare dagli altri. Per esempio le leggi chimiche dipen- denti dall'affinità sono diverse secondo che la tem- peratura sta entro certi limiti, o li varca. Sotto una certa temperatura due corpi non si combinano ; al di là di quella temperatura si combinano, ma cre- scendo ancora la temperatura oltre un certo limite, si dissodano.
9. Quelle condizioni sono parte implicite, parte esplicite. Non si debbono porre tra le prime che quelle le quali agevolmente e senza il menomo equi- voco sono da tutti intese ; altrimenti si scrive un indovinello e non un teorema scientifico. Non c'è proposizione al mondo che non si possa asserire essere vera sotto certe condizioni, che rimangono da stabilirsi. Le condizioni di un teorema fanno parte integrante di quel teorema e non ne possono essere disgiunte.
10. Noi non conosciamo, non conosceremo mai, un fenomeno concreto in tutti i suoi particolari ; vi è sempre un residuo. Qualche volta ciò si vede anche materialmente. Per esempio, credevamo di conoscere interamente la composizione dell'aria atmosferica. Invece un bel giorno si scoperse l'argon, e poscia,
(1) Les tystémet tocialùtes, LI, uag. 75 e seg., Paris, 1903.
[$ 10-12] PRINCIPII GENERALI 9
messi sulla via, altri molti gas in quell'atmosfera. Che cosa di più semplice che la caduta di un grave? Eppure non ne conosciamo, non ne conosceremo mai tutti i particolari.
11. Molto conseguenze, e di gran momento, se- guono dalla osservazione precedente.
Poiché noi non conosciamo interamente nessun fé nomeno concreto, le nostre teorie di quei fenomeni sono solo approssimate. Noi conosciamo solo fe- nomeni ideali che più o meno si avvicinano al fenomeno concreto. Siamo come un individuo che di un oggetto ha solo fotografie. Sieno perfette quanto si vuole, differiranno sempre in qualche parte dall'oggetto stesso. Quindi non si deve giu- dicare del valore di una teoria ricercando se in qualche sia pure minima parte differisce dalla realtà, perchè a tale prova nessuna teoria regge né reggerà mai.
Occorre allo studio qualitativo sostituire uno studio quantitativo, e ricercare di quanto la teoria si scosta dalla realtà. Di due teorie sceglieremo quella ohe se ne scosta meno. Terremo presente che ogni teoria deve solo accogliersi tem poranea mente ; quella che oggi abbiamo per vera, domani dovrà essere messa da parte, se si scopre un'altra che un poco più si avvicini alla realtà. La scienza è in perpetuo divenire.
12. Sarebbe assurdo recare come obbiezione alla teoria della sfericità della terra, l'esistenza del Monte Bianco; perchè l'altezza di quel monte è trascura- bile in paragone del diametro della sfera terrestre (1).
(1) Plinio errava nel valutare l'altezza dei monti delle Alpi, quindi, a proposito dell'osservazione di Dicearco, che l'altezza dei monti è trascurabile in paragono della
]0 l'KINCIPtl GENERALI [$ 13]
13. Col figurarci l;t terra come una sfera ci av- viciniamo più alla realtà che col figurarcela piana o cilindrica, comò fecero alcuni dell'antichità (1) ; onde la teoria della terra sferica devo essere pro- ferita alla teoria della terra piana, o cilindrica.
Col figurarci la terra come un'ellissoide di rivo- luzione ci avviciniamo più alla realtà che col figu- rarcela sferica* Sta dunque bene che la teoria del- l'ellissoide abbia sostituita quella della sfera ('_').
Ma anche quella teoria dell'ellissoide deve ora essere abbandonata, perchè la geodesia moderna mostra che ben più complessa è la l'orina dello sfe- roide terrestre. E ogni giorno nuòvi studii più e più ci avvicinano alla realtà.
Per altro, in certi calcoli approssi ni sitivi, usiamo ancora la forma dell'ellissoide. Facciamo bensì
grandezza della terra, egli dice : « Milli incerta haec vi- detur conjectatio, haud ignaro quosdaui Alpiuin vertices, longo tracta, nec bieviore quinquaginta millibus pastrani assurgerò», Hist. Mundi, II, 65. Si avrebbe così un'al- tezza di circa 74,000 metri, mentre iu realtà il monto Bianco è alto solo 4810 metri.
(1) Anassimene se la figurava piatta; Anassimandro come cilindrica.
(2) Paul Tauuery, Recti, sur l'hist. de l'astron. anc., pag. 106, discorrendo del postulato della sfericità della terra, dice : « Toutefois, eu égard à sa partie objective, il avait la valeur d'une première approximation, de inème que, pour nous, l'hypothèse de l'ellipsoide de revolution voiistitue une seconde approximation. La grande diffè- renee est qu'a la suite des mesures et observations pour- suivies en différents points du globe, nous pouvons as- signer des iimites aux écarts entre cette approximation et la réalité, tandis que lea anciens ne ponvaienfc le faire sórieusement ».
[§ Il-Hi] PRINOrPII GENERALI 11
un errore, ma sappiamo clic è minore di altri a cui .sono .soggetti quei calcoli, onde, in grazia della sem- plicità dei ealcoli, possiamo trascurare le differenze tra l'ellissoide e lo sferoide terrestre.
14. Quel modo di avvicinarsi alla realtà con teorie che ognor più con essa concordano, e che perciò divengono generalmente sempre più complesso dieesi metodo delle approssimazioni successive, ed ò implicitamente, od esplicitamente, usato in ogui scienza (§ 'òO nota).
15. Altra conseguenza. E erronea l'opinione che si possa scoprire esattamente la proprietà dei fatti concreti, ragionando sui concetti che abbiamo a priori di quei fatti, senza modificare tale coucetto paragonandone a posteriori le conseguenze coi fatti. Tale errore ò del genere di quello di un agricoltore che si figurasse di poter giudicare della conve- nienza di comperare un possesso studiandone solo la fotografia.
Il concetto che abbiamo di un fenomeno concreto, in parte combacia con quel fenomeno, in parte no differisce. L'eguaglianza dei concetti di due feno- meni non ha quindi per conseguenza l'eguaglianza degli stessi fenomeni.
S'intende che qualsiasi fenomeno non può esserci noto che mercè il concetto che fa nascere in noi ; ma appunto perchè così si ha un'immagine imper- fetta della realtà occorre ognora paragonare il fe- nomeno eoggettivo, ossia la teoria, al fenomeno oggettivo, ossia al fatto sperimentale.
16. Per altro i concetti che abbiamo dei fenomeni, senza altra verilìcazione sperimentale, costituiscono il materiale che più facilmente trovasi a nostra disposizione, poiché esiste in noi, e qualche cosa pure da quel materiale si può ricavare. Da ciò
12 PH1NCIPII GENERALI [$ 16-18]
segue che gli uomini, specialmente nell'inizio di una scienza, hanno tendenza irresistibile a ragionare sui concetti che già posseggono dei fatti, senza cu- rarsi di rettificare quei concetti con ricerche sperimen- tali. Similmente ricercano nell'etimologia le proprietà delle cose significate dai vocaboli. Esperimentano sui nomi dei fatti invece di esperimentare sui fatti. Qualche verità si può cosi scoprire, ma solo quando la scienza appena è nata; quando sia un poco cresciuta, quel metodo diventa assolutamente vano, ed occorre, per ottenere conoetti che ognor più si avvicinano ai fatti, studiare questi direttamente e non più guar- dandoli attraverso a certi concetti a priori ; o at- traverso il significato dei vocaboli, che servono ad indicarli.
17. Tutte le scienze naturali sono ora giunte allo stadio in cui i fatti si studiano direttamente. L'e- conomia politica vi è pure, in gran parte almeno pervenuta. Solo nelle altre scienze sociali c'è chi si ostina a porre in relazione concetti e vocaboli, ma occorre smettere di ciò fare se si vuole che quelle scienze progrediscano.
18. Altra conseguenza. È erroneo un processo di ragionamenti, che si può diro per eliminazione, e che è ancora spesso adoperato nelle scienze so- ciali. Ecco in che consiste. Un fenomeno concreto X ha una certa proprietà Z. Secondo quanto ci è noto, quel fenomeno consta dello parti A, B, C. Si dimostra che Z non appartiene a B né a C, e si conclude che deve necessariamente appartenere ad A.
La conclusione è errata perchè l'enumerazione delle parti di X non è, e non può mai essere com- pleta. Oltre A, B, C a noi note — oppure solo note all'autore del ragionamento, o da lui sole con- aiQeiato — ce ne possono essere altre D, E, F....
[§ 18-1] PRINC1PII GENERALI 13
o a noi ignote, o trascurate dall'autore del ragio- namento (1).
19. Altra conseguenza. Quando i risultamene della teoria si recano in pratica, si può essere certi che saranno sempre più o meno alterati da altri risultamene dipendenti da fenomeni non conside- rati dalla teoria.
20. Sotto quest'aspetto vi sono due grandi classi di scienze : quelle che, come la fisica, la chimica, la meccanica, possono avere ricorso all'esperienza, e quelle che, come la metereologia, l'astronomia, l'economia politica, non possono, o difficilmente possono, avere ricorso all'esperienza, e che si deb- bono contentare dell'osservazione. Le prime pos- sono separare materialmente i fenomeni che cor- rispondono a una uniformità o legge che vogliono studiare, le seconde possono solo separarli mental- mente, teoricamente; ma n eli' un caso e nell'altro è sempre il fenomeno concreto che decide se una teoria si deve accogliere o no. Una teoria non ha, non può avere, altro criterio di verità se non il suo accordo piò o meno perfetto coi fenomeni con- creti.
Le scienze ohe possono fare uso soltanto dell'osser- vazione, separano colla semplice astrazione certi fenomeni da certi altri ; le scienze che possono anche fare uso dell'esperienza concretano matorial mente tale astrazione; ma per tutte le scienze l'astrnzione rimane la condizione preliminare e in- dispensabile di ogni ricerca.
21. Quell'astrazione nascendo da necessità sog- gettivo e nulla avendo di oggettivo rimane abi- trr.ria ; almeno entro certi limiti, pò ohi^ o corre
(1) Le» tygtéme» socialistes, II, pag. 252, Paris, 1903.
14 PRINCIPI] GENERAL [$ 21-23]
avere riguardo allo soopo pel <inale si fa. Dicasi lo stesso dello classificazioni. Quindi un'astrazione, o una classificazione, non escludono necessariamente un'astrazione, o una classificazione diversa. Queste o quelle possono sussistere, secondo lo scopo al quale mirano.
La meccanica razionale, quando riduce i corpi a semplici punti materiali; l'economia pura, quando riduco gli uomini reali all'/tomo occonomicus, fanno uso di astrazioni perfettamente simili (1) e imposte da simili necessità.
La chimica, quando discorre di corpi chimicamente puri, fa pure uso di un'astrazione, ma ha la facoltà di ottenere artificialmente corpi reali che concretano più o meno tale astrazione.
22. L'astrazione pub avere due forme, che sono perfettamente equivalenti. Nella prima si considera un essere astratto avente 6olo le proprietà che si vogliono studiare ; nella seconda si considerano direttamente quelle proprietà e si separano dallo altre.
23. L'uomo reale compie azioni economiche, mo- rali, religiose, estetiche, ecc. Si esprime precisa- mente la stessa cosa dicendo: « studio le azioni economiche e faccio astrazione dalle altre » ; oppure dicendo : « studio l'homo occonomicus , il quale compie solo azioni economiche. » Similmente si esprime la stessa cosa dicendo : « studio le reazioni dello zollo e dell'ossigeno concreti, facendo astrazione dai corpi estranei che possono contenere », oppure dicendo: « studio le reazioni dello zolfo e dell'ossigeno chi- micamente puri ».
(1) Prof. Vito Volterra, Giornale degli economMi. no- yembre 19(11,
[$ 23-25] PRINCIPI! GENERALI 15
Lo stesso corpo che, per scopo di uno studio chimico, considero come chimicamente puro, posso considerarlo, per scopo di uno studio meccanico, come punto materiale ; per scopo geometrico, posso considerarne solo la forma, ecc. Lo stesso uomo che, per scopo di studio economico, considero come homo oeconomicus, posso considerarlo come homo ethicus, per scopo di studio morale: come homo religiosus, per scopo di studio religioso; ecc.
Il corpo concreto comprende il corpo chimico, il corpo meccanico, il corpo geometrico, ecc. ; l'uomo reale comprende l'homo oeconomicus, l'homo ethiciis, l'homo rcl'ujiosns, ecc. In fondo, quel considerare vari corpi, vari uomini, non è altro cho considerare le varie proprietà del corpo reale, dell'uomo reale, e mira solo a tagliare in fette la materia da stu- diare.
24. Erra dunque grandemente olii accusa l'autore il quale studiale azioni economiche — oppure l'homo oeconomicus — di trascurare, o peggio, disprezzare, le azioni morali, religiose, ecc. — ossia l'homo ethicus., l'homo religiosus ecc. — ; tanto varrebbe dire che il geometra trascura, disprezza, le pro- prietà chimiche dei corpi, quelle fisiche, ecc. Erra del pari chi biasima l'economia politica di non te- nere conto della morale; tanto varrebbe accu- sare una teoria del giuoco degli scacchi di non te- nere conto dell'arte culinaria.
25. Chi studia A separatamente da B, cede sem- plicemente ad un'assoluta necessità dello spirito umano ; ma perche studia A non intende menoma- mente affermarne la preminenza su B. Chi studia l' economia politica separatamente dalla morale, non intende menomamente affermare che quella è da più di questa. Chi scrive un trattato del giuoco
16 PJUNCIPI1 OENEHALI [$ 25 27]
degli scacchi non iuten<le menomamente affermare con ciò la preminenza del giuoco degli scacchi sul- l'arte culinaria, o sovra altra qualsiasi arte, o scienza.
2G. Quando dall'astratto si torna al concreto, occorre nuovamente riunire le parti che, per scopo di studio, si erano disgiunte. La scienza è essen- zialmente analitica; la pratica, essenzialmente sin- tetica (1).
L'economia politica non ha da tenere conto della morale ; ma chi propugna un provvedimento pra- tico deve tener conto non solo dei risultamene economici, ma anche di quelli morali, religiosi, po- litici, ecc. La meccanica razionale non ha da tenere conto delle proprietà chimiche dei corpi ; ma chi vorrà prevedere cosa accadrà ove un dato corpo venga a contatto con un altro, dovrà tenere conto non solo dei risultamene della meccanica, ma anche di quelli della chimica, della fisica, eco.
27. Vi sono certi fenomeni concreti in oui la parto economica trascende su tutte le altre, e per quei fenomeni si potranno considerare, oon lieve errore, i soli risultamene della scienza economica. Vi sono altri fenomeni concreti in cui la parte eco- nomica è insignificante, e per quei fenomeni sarebbe assurdo il considerare solo i risultamene della scienza economica ; all'opposto gioverà trascurarli. Vi sono fenomeni intermedii tra questo e quel tipo, e di essi i risultamene della scienza economica ci faranno conoscere una parte grande, o piccola. Ma in ogni caso è sempre quistione del più e del meno.
(1) Un esempio, in cui per altro la sintesi non è com- pleta, si avrà nel cap. IX, dove ragioniamo del libero cambio e della protezione.
[5 27-2£] PK1NC1PII GENERALI 17
la altri termini si può dire : Talvolta le azioni del l' uomo concreto souo, con lieve errore quelle àéìì'homo economicus ; talvolta combaciano quasi perfettamente con quelle dell'homo ethicus ; tale altra combaciano all'ineirca con quelle dell'homo religiosus-, ecc. ; tale altra ancora ritraggono dalle azioni di tutti questi uomini.
28. Quando un autore dimentica ciò, si suole, per combatterlo, opporre la pratica alla teoria. Non è buon modo di esprimersi. La pratica non si oppone alla teoria, ma unisce le varie teorie che valgono pel caso che ho in vista, e le usa per un tìr.e concreto.
L'economista, per esempio, il quale propugna una legge, badando solo ai suoi effetti economici, non è già troppo teorico, anzi lo è troppo poco, perchè trascura le altre teorie che dovrebbe unire alla sua per giudicare del caso pratico. Chi propugna il libero cambio, unicamente pei suoi effetti econo- mici, non fa già una teoria errata del commercio internazionale, ma fa un'applicazione errata di una teoria intrinsecamente vera ; e il suo errore sta nel trascurare altri effetti politici e sociali, i quali for- mano oggetto di altre teorie (1).
(1) G. Sorel ha solo ragione in parte quando «ice : « L'boiunie d'35tat sera, d'ordinaire, très pou sensible à la dénionstration pur laquelle on lui prouve que le pro- tectionnisme détruit toujours de la richesse ; s'il croit que le protectiouiiisrae est le nioyen le moins couteux pour aceliniater l'industrie et l'esprit d'entreprise dans son pays....» (Introd. à l'écon. moderne, pag. 26). A quel paragone qualitativo occorre sostituirne un altro quan- titativo e diro « perderò tanti milioni all'anno, no gua- dagnerò tanti », e poi decidersi. Se si distruggessero 500
Economia politica. ■ 2.
18 PRINCiPII GENERALI [§ 20-30]
29. Disgiungere così le parti di un fenomeno, studiarle separatamente, e poi da capo ricongiun- gerle, facendone la sintesi, è via che si segue, e si può solo seguire, quando la scienza ò molto pro- gredita ; al principio tutte le parti si studiano in- sieme, l'analisi e la sintesi si confondono.
È questa una fra le cagioni per cui le scienze nascono sotto forma di arte ; ed è pure una fra le cagioni per le quali le scienze, progredendo, si par- tiscono e si suddividono.
30. Il Sorel, nel suo libro Introduclion à l'eco- nomie moderne vorrebbe tornare a quello stato in cui aucora non si distingue l'analisi dalla sintesi) ed il suo tentativo si spiega considerando come lo scienze sociali ancora sono poco progredito ; ma è un risalire il fiume verso la sorgente, non lo scendere secondo la correute. Bisogna del resto notare che in quel modo si fa della teoria im- plicitamente Infatti il Sorel non mira evidente- mente a descrivere solo il passato, egli vuole anche conoscere l'avvenire; ma come già dicemmo l'avvenire non si può cougiuugero al passato so non ammettendo esplicitamente, od implicitamente, certe uniformità, e quelle uniformità non si possono conoscere se non facendo un'analisi scientifica (1).
milioni all'anno di ricchezza, e se ne guadagnassero 100, si farebbe un cattivo affare. Notisi che il Sorel pone il problema solo riguardo all'economia, ma c'è poi una parte sociale e politica di gran momento, e di cui occorre tener conto.
ti) Dico il Sorel, loc. cit., pag. 25: « On ne saurait.... imagiuer une métliode d'approximations successives pour réaoudre la queation de savoir s'il vaut mieuy épouser une jeune lille intelligente et pauvre qn'une riche hé- ritièro dópourvue d'esprit').
[§ 31] FfilXClPlI GENEBAU 19
31. La critica essenzialmente negativa di una teoria è perfettamente inutile e sterile ; perchè abbia qualche utilità occorre che alla negazione l'accia seguito un'affermazione ; che alla teoria errata so ne sostituisca un'altra migliore. Se in quache c^so
Notiamo die il problema cosi scelto è semplicemente di tornaconto individuale, oche viene solitamente sciolto non dalla ragione, ma dal sentimento. Tuttavia, se si vuole faro uso del ragionamento, si può ottimamente imaginare quel metodo al quale accenna il Sorci.
1." approssimazione. Si esaminano le condizioni materiali e morali dei futuri sposi. L'uomo ha iu pregio i beni ma- teriali e non ha patito in pregio le facoltà intellettuali. Farà bene di sposare la giovane ricca.
'2." approssimazione. Vediamo un poco di che qualità ò quella ricchezza. Altre volte se l'uomo e la donna ave- vano proprietà territoriali prossime, un matrimonio che congiungeva quelle proprietà era stimato convenientis- siiuo. Vediamo, se la donna, essendo ricca, non avesse, per caso, l'uso di spendere anche piìi della sua entrata. Dì che qualità è l'intelligenza di quella che è povera Se avesse attitudine pei negozi, ed il futuro marito avesse un commercio od un'industria che egli non sa dirigere e che la moglie dirigerebbe bene, può a lui tornare conto di torre la donna povera ed intelligente.
3.a approssimazione. Abbiamo discorso della ricchezza e dell'intelligenza; ma della salute, della bellezza, del- l'amenità del carattere, ecc., non c'è da diro nulla? Ter molti quello doti saranno anzi le prime da considerarsi. Altre infinito circostanze sono pure da tenersi presenti.
Se poi il problema invoce di essere individualo fosso sociale, cioè se si chiedesse: è utile per uu popolo che i giovani nello soiegliere la consorto badino più alla ric- chezza, od all'intelligenza? si avrebbero pure considera, zioni analoghe, che consistono essenzialmoute iu analisi (separazioni delle parti), approssimazioni successive, e in- "<" ' " *•* ricongiungimenti degli elementi ottenuti
20 PRINCIPI I GENERALI [$ 31-32]
ciò non si vede subito, e solo perchè implicitamente la teoria migliore ci si para dinnanzi, sebbene non espressa.
Se uno nega che la terra abbia la forma ili un piano, non accresce menomamente la somma del lo nostre conoscenze, come egli farebbe se dicesse che non ha la forma di un piano, bensì quella di un corpo, tondo.
Notisi che, >e roghamo essere perfettamente ri- gorosi, ogni qualsiasi teoria è falsa, nel senso che non corrisponde e non potrà mai corrispondere in- teramente al concreto (ty 11). Perciò è un pretto pleonasmo il ripetere per una teoria particolare, ciò che già sappiamo essere vero di tutte le teo- rie. La scelta non ò tra una teoria più o meno approssimata e una teoria di cui i risultamene corri- spondono in tutto e per tutto al concreto, poiché quest'ultima teoria non esiste ; la scelta è solo tra due teorie di cui una è meno, e l'altra più appros- simata al concreto.
32. Non è solo per cagione dell'ignoranza nostra che le teorie ai allontanano più o meno dal con- creto. Spesso ci allontaniamo volontariamente dal concreto per ottenere, in compenso di quel male, il bene di una maggiore semplicità.
Le difficoltà che incontriamo nello studio di un fenomeno sono di due generi, cioè oggettive e sub- iettive; nascono dall'indole dello stesso fenomeno, e dalle difficoltà che pioviamo per poter percepire un insieme un poco esteso di oggetti o di teorie particolari.
Il fenomeno economico è oltremodo complesso, e vi sono difficoltà oggettive gravissime per cono- scere le teorie delle varie sue parti. Supponiamo per un momento, che siano state superate, e che,
[§ 32 33] PRIKCIPII GENERALI 21
per esempio, in certi grossi volumi in folio, siano scritte le leggi che seguono i prezzi di tutto le merci. Saremo ben lontani dall'avere un coucetto del fenomeno dei prezzi. L'abbondanza stessa delle, notizie che si trovano in quei molti e molti volumi ci torrebbe dall'avere un concetto qualsiasi del fenomeno dei prezzi. Perciò il giorno in cui un indivi- duo, dopo di avere sfogliato tutti quei documenti, ve- nisse a dirci che: ìa domanda scema quando cresce il prezzo, egli ci darebbe una notizia preziosissima, sebbene allontanandosi molto, ma molto più, dal concreto che i documenti da lui studiati.
Perciò l'economista, come d'altronde chiunque studi fenomeni molto complessi, ha ad ogni pie sospinto da risolvere il problema che sta nell'indagare sin dove deve spingere lo studio dei particolari. Il punto in cui conviene fermarsi non si può determinare in modo assoluto, e secondo lo scopo acni si mira con- viene spingersi più o meno innanzi. Il produttore di mattoni, che indaga a quale prezzo li potrà vendere, deve tenere conto di altri elementi di quelli considerati dallo studioso che ricerca, in gè- nei'e, la legge dei prezzi dei materiali da costru- zione; e diversi elementi dovrà anche considerare chi ricerca non più le leggi di prezzi speciali, ma bensì la legge dei prezzi in generale.
33. Lo studio dell'origine dei fenomeni econo- mici è stato fatto con cura da molti scienziati mo- derni, ed è certamente utile dal punto di vista storico, ma cadrebbe in errore chi stimasse per quella via potei- giungere alla conoscenza delle relazioni tra i fenomeni che accadono nelle nostre società.
Tale errore riproduce quello dei filosofi antichi,
quali ognora volevano risalire all'origine delle
22 principi! genkram [£ 3S]
roso. F.ssi invece dell'astronomia studiavano cos- mogonie; invece di studiare sperimentalmente gli esseri minerali, vegetali, ed animali, che avevano sott'ooòliio, ricercavano come quegli esseri erano stati generali. La geologia divenne scienza e pro- gredì solo dal giorno in cui intese a studiare i fe- nomeni presenti pei- risalire poi ai passati, invece di seguire, la via opposta. Per conoscere completa- mente un albero, possiamo principiare dalle radici e salire alle frondi; oppure principiare dalle frondi e scendere alle, radici. La prima via fu largamente usata dalla scienza antica; la seconda è esclusiva- mente usata dalla scienza sperimentale moderna, » l'esperienza ha dimostrato che è unica per coi - durre alla conoscenza del vero.
Preme proprio niente di sapere come si è costituita la proprietà privata, fino dai tempi preistorici, per sapere quale ufficio economico ha quella proprietà nelle nostre società. Non già che uno di quei fatti non sia strettamente legato all'altro, ma la catena che li unisce è tanto lunga e si perde in regioni tanto oscure che ci e vietato ogni ragionevole spe- ranza di conoscerla, almeno per ora.
Ignoriamo da qual pianta selvatica venga il fru- mento: ma quando anche lo sapessimo, ciò non ci gioverebbe menomamente por conoscere il miglior modo di coltivare e produrre il frumento. Stu- diate fin che volete i semi della quercia, del faggio e del tiglio ; tale studio non potrà mai, per chi ha da edificare, sostituire lo studio diretto «Ielle qua- lità del legname prodotto da quegli alberi. Eppure in questo caso ci è perfettamente nota la relazione tra i fatti estremi del fenomeno, tra l'origine e la fine. Non vi ò il menomo dubbio che la ghianda produrrà una quercia. Nessuno ha mai veduto da .
[$ 33-34] PRINC1PII GENERALI 23
una ghianda nascere un tiglio, né dal seme di un tiglio nascere una quercia. La relazione tra il lcguo di quercia e la sua origine ci è dunque nota con sicurezza tale che mai non avremo per la relazione tra l'origine della proprietà privata e questa pro- prietà nei tempi nostri, o in generalo tra l'origine di un fenomeno economico e questo fenomeno nei tempi nostri. Ma non hasta conoscere che di due fatti uno è sicuramente conseguenza dell'altro, per potere, dalle proprietà del primo, dedurre quelle del secondo.
34. Più utile assai dello studio dell'origine dei fenomeni economici è quello della loro evoluzione in tempi a noi prossimi e in società che non troppo differiscono dalle nostre ; e in due modi ci può gio- vare. Il priuio sta nel concederci di sostituire l'e- sperienza diretta, che è impossibile nelle scienze sociali. Quando ci possiamo valere di quell'espe- rienza, procuriamo di produrre il fenomeno oggetto di studio, in varie circostanze, per vedere come queste operano su di esso, modificandolo, o non modificandolo. Ma ove ci venga meno quel modo di operare, non ci rimane altro che ricercare nello spazio e nel tempo se troviamo prodotte natural- mento quelle esperienze a cui artificialmente non possiamo dare mano.
Il secondo modo pel quale ci può giovare lo studio dell'evoluzione dei fenomeni sta nel porci sulla via di scoprire, quando esistono, le uniformità che pre- senta tale evoluzione, e perciò nel metterci in grado di prevedere, dal passato, il futuro. Ma ò mani- festo elio tanto più si allunga la catena delle deduzioni tra i fatti passati e i fatti futuri, tanto più esse divengono mal sicure ed incerte, onde solo ila un passato molto prossimo si può prevedere un
24 PB1NC1PI1 GÌ XI KA.LI
futuro pure molto prossimo; mentre, pur troppo, anche ristrette in quegli angusti contini, le previsioni sono assai difficili (1).
35. Discussioni sul « metodo » dell' ecowmià) politica riescono ad un mero perditempo* Scopo della scienza è di conoscere le uniformità» dei feno- meni, e quindi giova seguire ogvii qualsiasi via. ogni qualsiasi metodo, che conduca allo scopo. Alla prova solo si riconoscono i metodi buoni e i cattivi.. Quello elio ci conduce allo scopo è buono, sin tanto almeno che se ne trovi uno migliore. La storia ci è utile in quanto cbfe estende nel passato l'espe- rienza del presente, e supplisce agli esperimenti ebe pou si possono fare ; onde è buono, il metodo sto- rico; ma è pure buono il metodo deduttivo, o in- duttivo, che si volge ai fatti del presente. Dove basta, nelle deduzioni, la logica usuale, si accetta senz'altro ; e dove non basta, si sostituisce, sanza alcun scrupolo colla matematica. Inoltre se un autore preferisce un metodo- ad un altro, non lo- crucieremo su ciò ; ad esso unicamente chiediamo di. farci conoscere leggi scientifiche ; giunga poi come vuole alla meta.
33. Sogliono alcuni asserire che l'economia; poli- tica non può usare gli stessi mezzi delle scienze naturali « perchè è una scienza, morale ». Satto tale forma imperfettissima celansi concetti che è opportuno indagare. Da pròsa a, per quanto concerne la verità di una teoria non ci può essere altoo cri- torio se non la concordanza di essa, dottrina coi fatti (II, 6), e quella concordanza, non si può cono- scere che iu un sol modo : onde sotto quell'aspetto
il) Cours d'Economie poUtique, § 578, Lausanne, 1S96. 1S07.
[$ 3G-37] PKlifClrìl GEKEltÀLl 25
è una scempiaggine il volere porre differenza alcuna tra l'economia politica e le altre scienze.
Se non clie c'è chi afferma elio oltre quella verità sperimentale altra ne esiste, che sfugge all'espe- rienza, e che si tiene costituita in maggiore dignità della prima. Chi ha tempo da sprecare disputa sullt parole ; chi mira a qualche cosa di più sostanziale, se ne astiene. Non contenderemo dunque menoma- mente su quell'uso che vuoisi fare del termine «verità»; e lasceremo che altri l'usi a piacimento, solo diremo che le affermazioni degli uomini si possono evidentemente distinguere in due categorie. Nella prima, che per brevità diremo X, porremo quelle affermazioni che possono verificarsi speri- mentalmente; nella seconda, che diremo Y. por- remo quelle che non si possono verificare sperimen- talmente; e tale categoria partiremo ancora in due, cioè: (Y ce); le affermazioni che presentemente non patiscono quella verificazione, ma che, pel futuro, potrebbero conseguirla. Di tale genere sarebbe l'af- fermazione che. il sole, viaggiando col suo seguito- di pianeti, ci condurrà un giorno in luogo ove sarà lo spazio a quattro dimensioni ; (Y j3) le afferma- zioni che né pel presente né, per quanto a noi è dato prevedere dalle scarse nostre conoscenze, pel futuro, patiscono verificazioni sperimentali. Di tale genere sarebbe l'affermazione dell'immortalità del- l'anima, od altre simili.
37. La scienza si occupa esclusivamente delle prò i posizioni X, le quali solo sono suscettive di dimo- strazione ; tutto ciò che non è compreso nella cate goria X, trascende dalla scienza. Qui non si mira menomamente ad esaltare una categoria e a depri- mere un'altra; si mira solo a separarle. Pongansi pure le proposizioni scientifiche in basso quanto si
26 PkINCIPII GENERALI [§ 37-39]
vuole, o si innalzino lo altre quanto può deside- rarlo il pift fervido credente : rimarrà sempre che queste e quelle differiscono per l'indole propria. Kssi occupano campi diversi, che nulla hanno di comune.
38. Chi afferma che Pallas Atena abita, invisibile cri intangìbile, l'acropoli della città d'Atene, afferma cosa che, non potendosi verificare sperimentalmente, sfugge alla scienza; la quale perciò non se ne può occupare né per accettare né per respingere quel- l'affermazione; ed il credente ha quindi perfetta- mente ragione di disprezzare le negazioni che ad esso vorrebbe opporre una pscudo scienza. Dicasi lo stesso della proposizione che Apollo inspira la sacerdotessa di Delfo ; ma non già dell'altra pro- posizione che i detti eli quella sacerdotessa concor- dano con certi fatti futuri. Quest'ultima proposi- zione può essere verificata dall'esperienza, quindi appartiene interamente alla scienza, e la fede non ci ha cho vedere.
39. Tutto ciò che suona precetto non è scienti- fico, eccetto quando solo la forma è precettiva, ma la sostanza è un'affermazione di fatti. Le due pro- posizioni : per ottenere l'area d'un rettangolo si deve moltiplicare la base per [l'altezza; e: si etere amare il prossimo come sé stesso ; sono essenzial- mente diverse. Nella piuma si può sopprimerò le parole: si deve, e dire semplicemente l'area di un rettangolo è eguale alla base moltiplicata per l'altezza, nella seconda il concetto di dovere non si può togliere. Questa seconda proposizione non ò 8 àentifica.
L'economia politica ci dice che la cattiva moneta (-caccia la buona. Questa proposiziono è d'indole scientifica, ed alla scienza solo spetta di esaminare
[$ 39-12] PRINCIPI! GEKÉEALI 27
se è vera o falsa. Ma se si dicesse che ; lo Stato non etere emettere cattiva moneta; si avrebbe una proposizione che nulla ha che vedere colla scienza. L'esserci stato sin ora in economia politica propo- sizioni di quel genere, scusa il gergo di coloro che dicono che l'economia essendo scienza morale sfugge alle norme delle scienze naturali.
40. Badisi che la proposiziono ora rammentata potrebbe essere ellittica, ed in tal caso divente- rebbe scientifica, ove opportunamente si togliesse l'ellissi. Per esempio se si dicesse che lo Stato non deve emettere cattiva moneta se. si vuole ottenere il massimo utile per la società, ed ove fosse defi- nito coi fatti ciò che s'intende per quel massimo nlile, la proposizione diventerebbe suscettiva di verificazione sperimentale e perciò sarebbe scientifica (§ ■!:) nota).
41. Vana e folle è la pretesa di certi uomini clic affermano la propria fede essere ^jìm scientifica di (niella di altri. Fede e scienza nou hanno nulla di comune, ed in quella non può esservi più o meno di questa. Ai giorni nostri è sorta una nuova fede che afferma ogni essere umano doversi sacrificare al bene « dei piccoli e degli umili », e i suoi credenti discorrono altezzosamente delle altre fedi, da loro dannate come poco scientifiche, e non s'avvedono quei miseri che il loro precetto non ha maggior fon- damento scientifico di qualsivoglia altro precetto re- ligioso.
42. Dai tempi più antichi sino ai giorni nostri gli nomini sono stati tratti a voler mescolare e confon- dere le proposizioni X colle Y, e da ciò ha origino 'ino dei maggiori ostacoli al progredire delle scienze s , ci ali.
I credenti nelle proposi/ioni Y invadono ognora
28 principi! • [$42-44]
il campo delle proposizioni X. Per molti ciò segue percliè non distinguono i due campi; per altri molti
è debolezza di fede che chiedo il sussidio dell'espe- rienza. I materialisti hanno torto di porre iti ridi- colo il detto: credo quia absurdum, che, in certo senso, riconosce quella partizione delle proposizioni: onde ben disse il nostro Dante (1)
State contenti, umana gente, al quia; Che se potuto aveste veder tutto, Mostier non era partorir Maria.
43. Giova porre mento, ad un modo di confondere le proposizioni X e T, il quale usa un senso equi- voco analogo a quello notato al § 40. Supponiamo che la proposizione: A è B sfugga all'esperienza e quindi alla scienza; si crede dimostrarla scientifica- mente facendo vedere l'utilità per gli uomini del credere che A è B. Ma quelle proposizioni non sono per nulla identiche ; onde, se anche la seconda si dimostra sperimentalmente vera, nulla da ciò pos- siamo concludere per la prima. Sta bene che c'è chi afferma solo il vero essere utile; ma ove al ter. mine vero si dia il significato di vero sperimen- tale, quella proposizione non concorda punto coi fatti e viene anzi da essi ognora smentita.
44. Altro modo equivoco è il seguente. Si dimo- stra, o meglio si crede dimostrare, che « l'evolu- zione » avvicina A a B, e si crede con ciò avere dimostrato che ogni individuo deve procacciare che A sia eguale B ; oppure che A è eguale a B.
(1) Purg., in, 37-39. E Farad., IL 43-44: Li si vedrà ciò che teuem per fede, Non dimostrato, ma fia per sé noto, A. guisa del ver primo che l'uom crede.
[5 44-45] PRIKC1PII GENERALI 29
Quelle tre proposizioni sono diverse, e la dimostra- zione della prima non trae seco menomamente la dimostrazione delle altre due. Aggiungasi che la dimostrazione delift prima è solitamente molto im- perfetta (1).
45. La confusione tra le proposizioni X e Y suole anche avere luogo, procurando di far credere che, potendo avere comune, origino, hanno perciò anche indole e caratteri comuni; ed è modo usato già da molto tempo, e che ogni tanto ritorna a galla. Quel- l'origine comune talvolta si è posta nell'universale consenso, od in un altro fatto analogo, e al pre- sente più spesso si ricerca nell'intuizione.
II procedimento logico servo alla dimostrazione ina raramente, quasi mai, all'invenzione (§ 51). Un uomo riceve certe impressioni; mosso da queste enuncia, senza potere dire come e perchè, e se tenta di dirlo cade in errore, una proposizione, che si può verificare sperimentalmente, e che perciò è del genere delle proposizioni che dicemmo X. Quan- do poi tale verifica abbia avuto luogo, e che real- mente il fatto segua come è stato previsto, all'ope- razione ora accennata si dà il nome di intuizione. So un contadino stasera guardando il cielo dico : « domani pioverà » ; e se veramente domani piove, si dice che ha avuto l'intuizione che doveva pio- vere; ma ciò non si direbbe ove invece facesse bel tempo. Se un individuo pratico di ammalati ve- dendone uno dice : « domani sarà morto », e se ve- ramente l'ammalato muore, si dirà che l'individuo ha avuto l'intuizione di quella morte; non si po- trebbe diro ciò ove invece l'ammalato risanasse.
(1) Lei système socialistes, I, pag. 344, Paris, 1903 ; Oours d' Economie polltiqiie, II, § 578, Lausanne, 1896,
1X97.
30 PKINCIP1I GENKKALI \ ': i-5]
Como già, dicemmo tante volte, e dovremo ri- petere tante altre, è perfettamente imitile i doro sui nomi delle cose; quindi, se a taluno pi.u-c di chiamare intuizione anche l'opei azione per la (inalo hi predice la pioggia quando invece viene il bel tempo, o la morte di cui invece risana, si serva pure; ma in tal caso occorre distinguere le intuizioni vero dalle intuizioni false, il clic può fare la verificazione sperimentale; le prime saranno utili, le seconde in- concludenti.
Colla stosa operazione colla quale si giunge a proposizioni suscettibili di dimostrazione sperimen- tale, e che poi merco questa sono riconosciute vere, o false, si [aio giungere a proposizioni non suscettibili di dimostrazione sperimentale; e, se vuoisi, si potrà ancora dare a tale operazione il nome di intuizione.
Per tale modo avremo tre generi di intuizioni. cioè: 1.° l'intuizione che conduce a proposizioni X. e che poi l'esperienza verifica; 2.° l'intuizione che conduce a proposizioni X, che poi l'esperienza con- traddice; o.° l'intuizione che conduce a proposizioni del genero Y, e che quindi l'esperienza non può ne verificare ne contraddire.
Coll'avero dato lo stesso nome a tre cose ben di- verse, diventa facile il confonderle; e si ha cura di operaie quella confusione tra la terza e la prima, dimenticando opportuuamento la seconda; o si dice: « coli' intuizione l'uomo giungo a conoscere la verità, sìa questa, o non sia, sperimentalo», e così si con- segue l'ambito scopo di confondere le proposizioni X e lo proposizioni Y.
Se si fossero posti a Pericle i due quesiti seguèn- ti: « Come credote che opereranno gli ateniesi in tali circostanze?» e «Credete elio Pallas Atena protegge la vostra città}»; egli avrebbe dato, per
[§ 45] PRINCIPII GENERALI 31
intuizione, due risposte di genero essenzialmente di- verso ; poiché la prima poteasi verificalo speri mentalmente, non così la seconda.
L'origine di quelle risposto è la stessa; esso sono la traduzione, senza che la mente di Pcriclo ne avesse coscienza, di cei-to impressioni da lui pro- vate. Ma quella traduzione ha valore ben diverso nei due casi. Per il primo quesito aveva gran peso l'opinione di Pericle, e non avrebbe avuto gran peso l'opiuioue di uno scita qualsiasi, che non cono- scesse gli ateniesi; pel secondo quesito, tan'o peso aveva l'opinione di Pericle conio quello delio scita; poiché a dir vero, nò questo, nò quello, poteva es- ser dimestico di Pallas Atena.
L'avere Pericle pratica degli ateniesi faceva sì che più e più volte aveva potuto verificare, correggere, adattare, lo previsioni suo a loro riguardo: ed il ri- sultameuto dell'esperienza passata si traduceva in- umi nuova intuizione, e ad essa dava valore ; ma ciò evidentemente non poteva avere luogo per lo intuizioni riguardanti Pallas Atena.
Se un uomo che non conosce punto l'arboricol- tura, vedendo un albero, ci dice che esso tra breve morrà; non daremo a quelle parole più valore che se l'ossero dette a caso ; se invece ce le dice un provetto arboricoltore, avremo per buona la sua in- tuizione, perchè è fondata sull'esperienza. E anche se quei due uomini hanno a priori le stesse cono- scenze; ma, se l'esperienza ci fa conoscere che que- sto rade volte erra nelle previsioni o intuizioni, o che quello invece sbaglia il più delle volte, conce- deremo ai detti di questo una fede che negheremo ai detti di quello. Ove poi non soccorra in alcun modo l'esperienza, avranno pari valore le previsioni o intuì ioni di entrambi, e quel valore sarà speri- mentalmente zero.
32 -1PII GENERALI [$ 15-47]
Colle intuizioni di l'atti sperimentali vendono a contrasto quei l'aiti stessi, onde le intuizioni deb- bono adattarsi ai tatti. Colle intuizioni non speri- mentali vengono a contrasto solo altro intuizioni, nini,' per l'adattamento basta che gli uomini consen- tano in una stessa opininione. Il primo è adatta- mento oggettivo ) il secondo, soggettivo. L'errore ■li confondere l'uno coll'altro ha la sua radice nel sentimento clic spinge l'uomo a considerarsi come il punto centrale dell'universo e a credere che in sé reca la. misura di tutte le cose.
46. L'universale consenso degli uomini non ha virtù di rendere sperimentale una proposizione che non lo è; nò l'acquista quando ijuel consenso si estenda nel tempo, sino a valere per tutti sii uo- mini che hanno esistito. Perciò è pure \ ano il prin- cipio che ciò che non è concepibile non può reale; ed è propriamente assurdo il figurarsi che le possibilità dell'universo siano limitato dalla ca- pacità, della mente umana.
4-7. I metafisici, che si valgono delle proposizioni Y, sogliono talora asserire che esse sono necessarie per trarre qualsiasi conclusione dalle proposizioni X, perchè, senza un principio superiore, la conclu- sione non seguirebbe necessariamente dalle premesse. Essi fanno così un circolo vizioso, poiché suppon- gono precisamente che le proposizioni X si vogliano ^orre nella categoria delle proposizioni aventi ca- rattere di necessità e di verità assoluta (1); ed in- fatti è vero che, ove ad alcuna conseguenza della categoria X, si voglia dare i caratteri delle propo-
(1) Uso quei termini perchè altri li adopera, ma io non so quali sieno le cose che si vuole indicare con quei termini.
[§ 17-19] miNCirii generali 'S-i
sezioni Y, occorro elio questo abbiano parte o nello premesse, o nel modo di trarre la conclusione; ma ove s'intenda che lo proposizioni X sono stretta- mente subordinato all'esperienza, e sieno accettato non mai in modo definitivo, ma solo sino quando l'esperienza non vi sia contraria, viene meno ogni bisogno di ricorrere allo proposizioni Y. In quel modo, la logica stessa è considerata come una scienza sperimentale.
48. D'altra parte coloro cho si occupano dello proposizioni X invadono pure spesso il campo dello proposizioni Y, sia col dare precetti in nomo della « scienza », cho paro donarci oracoli come un Dio; sia col negare le proposizioni Y, sulle quali dimenti- cano elio la scienza non ha, podestà alcuna. Tale invasione giustifica in parto l'asserzione del Brti- i oliere elio «la scienza ha fallito». La scienza non ha mai fallito sinché è rimasta nel suo campo, cho ò quello delle proposizioni X ; ha sempre fallito, e fallila sempre, quando ha invaso, o invaderà, il campo dello proposizioni Y.
49. Interamente diverso dalla confusione ora rammentata è il caso in cui, movendo da una pre- messa che non si può verificare coll'osperienza, so no deducono scientificamente conclusioni. Questo neppure si possono verificare sperimentalmente, ma sono congiunte colla premessa per modo che so mesta è una proposiziono cho nel futuro si potrà verificare coll'esperienza, cioè una delle proposizioni cho indicammo con Y a. al § 36, anche le conclu- sioni diverranno sperimentali. Se la premessa è è una proposiziono Y fi, lo conclusioni trascende- ranno sempre dr-Tesperienza, pure rimanendo con-
Economia politica. ■ 3,
34 TRINCini GENERALI [$ 49-51] Hjj
giunte eolla premessa in modo che ohi accetta questa ' deve pure accettare quelle (1).
50. Ma perche quel modo di ragionare sia possi- bile è necessario che le premesse siono chiare o precise. Per esempio lo spazio in cui viviamo o è Euclidiano, o poco ne differisce, come è dimostrato dà innumerevoli fatti sperimentali. Ma si possono iinagiuare spazi non Euclidiani, e cosi muovendo da premesse precise si sono potuto costituire lo geometrie non-Euclidiane, che trascendono dalla esperienza.
Quando le premesse non sono precise, come ac- . cade per tutte quelle che gli etici vorrebbero in ; tradurre nella scienza sociale e noli' economia politica, è impossibile trarne nessuna conclusione rigorosamente logica. Quelle premesse poco precise potrebbero non essere inutili quando si potesse verificare ad ogni pie sospinto le conclusioni, e così man mano correggere ciò che hanno di non preciso- ma ove manchi quella verificazione, lo pseudo ragio- namento che vuoisi fare finisce col non aver altro valore che quello di un sogno sconnesso.
51. Discorremmo sin qui di dimostrazione; di- versa è l'invenzione. Sta di fatto che questa può talvolta avere origine da pensamenti che nulla hanno che vedere colla realtà e che possono anche essere assurdi. Il caso, un cattivo ragionamento, analogie imaginarie, possono condurre ad una pro- posizione vera. Ma quando poi si voglia dimostrare,
(1) Tale proposizione è ellìttica, del genere di quelle notate al § 40. Conviene sottintendere : « se si vuole ra- gionare logicamente ». È manifesto che a chi rifiutasse di ciò fare non bì potrebbe dimostrare cosa alcuna.
[$ 1] INTHODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 35
non c'è altro mezzo che ricercare se direttamente od indirettamente concorda coll'esperienza (1).
CAPITOLO II. Introduzione alla scienza sociale
1. Fondamento dell'economia politica ed in ge- nerale di ogni scienza sociale è evidentemente la psicologia. Verrà forse un giorno in cui potremo dedurre dai principii della psicologia le leggi della scienza sociale, come forse verrà giorno in cui i principii della costituzione della materia ci daranno, por via di deduzione, tutto le leggi della fisica e della chimica ; ma per ora siamo lontani assai tanto da questa come da quella cosa, e conviene tenere altra via. Dobbiamo cioè prendere le mosse da al- cuni principii empirici, per spiegare i fenomeni della sociologia, come quelli della fìsica e della chimica.
(1) Log gystèmes socialtstes, II, pag. 80, nota, Paul Tannery, Becker, sur l'hist. de l'astronomie ancienne, pag. 260, il quale, per altro, ha tendenza di andare un poco oltre ai fatti, por difendere certi concetti metafisici, dice, a proposito delle teorie del sistema so- lare : « Il y a là un esemplo notable, et sur lequel on ne saurait trop insister, de l'importance capitale des idéea a priori (metaphysiqucs) dans le développement de la science. Lorsque celle-ci est constitnée, il est facile d'é- carter les considérations de aimplieité des lois de la na- ture, etc., qui ont guidò lea fondateurs Mais on ou-
blie que ce n'est pas ainsi quo so sont fait los grande» décoavertes, qu'ont eté ìéalisé les principali* progrès,...»,
30 INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOdALH [§ 1-3]
In avvenire, la psicologia, allungando ognora più a catena dello sue deduzioni, la sociologia, risalendo la principii ognora più generali, potranno congiun- gersi o costituire una scienza deduttiva. Ma di tali speranze non ò tempo di fare caso.
2. Per mettere ira poco d'ordine nell'infinita va- rietà delle azioni umane cho dobbiamo studiare, gioverà classificarle secondo certi tipi.
Due di questi si parano subito a noi dinnanzi. Ecco un uomo bene educato che entra in un salotto ; egli si toglie il cappello, pronunzia certe parole, compio certi atti. Se a lui chiediamo perchè, non saprà direi altro so non che così è l'uso. Simil- mente egli opera in cose di ben maggiore momento. Se egli e, cattolico e sta a sentire la messa, compie eerti atti << perchè così si devo faro ». Di molte altre sue azioni darà per motivo che così vuole la morale.
Ma lo stesso uomo sta nel suo studio o compra una gran quantità ili grano. Egli non dirà più che opera in tal modo perchè così si usa, ma la compra del grano sarà l'ultimo termine di un seguito di ragionamenti logici, che muovono da certi dati spe- rimentali ; mutando quei dati, muterebbe anche la conclusione, e quell'uomo potrebbe astenersi dal comperare, oppure anche potrebbe vendere grano.
3. Possiamo dunque, per astrazione, distinguere: 1.° Le azioni non-logiche; 2.° Le azioni logiche.
Diciamo: per astrazione, poiché nelle azioni reali i tipi sono quasi sempre mescolati, e un'azione può essere in massima parto non-logica ed in piccola parte logica, o viceversa,
Per esempio, le azioni di uno speculatore alla borsa sono certamente logiche; ma dipendono anche, sia pure in piccola parte, dal carattere di quell'in-
[$ 3-5] INTRODU2, ALLA SCIKNZA SOCIALE 3/
dividilo, e per tal modo sono puro in parte non- logiche. È ben noto clie vi sono individui che più facilmente operano al rialzo ; altri al ribasso.
Bisogna badare bene che non-logico non vuol già dire illogico ; cioè un'azione non-logica può es- sere quanto di meglio sarebbe dato di trovare, col- l' osservazione dei fatti e colla logica, per adattare i mezzi al fine; ma quell'adattamento è stato ot- tenuto per altra via che quella di un ragionamento logico.
Per esempio è noto che le cellule degli alveari delle api sono terminate da una piramide, la quale, .col minimo di superficie, quindi colla minore spesa di cera, racchiude il massimo volume, cioè la mag- giore quantità di miele. Ma nessuno suppone che ciò accada perchè le api abbiano risoluto col sillo- gismo e la matematica un problema di massimo: evidentemente è un'azione non-logica, sebbene i mezzi sono perfettamente adattati ni fine, e che quindi l'azione è lungi dall'essere illogica. Eguale osservazione si può fare per molte e molte altre azioni che usualmente si dicono istintive, sia nel- l'uomo sia negli animali.
4. Occorre osservare che l'uomo ha una tendenza spiccatissima a figurarsi come logiche le azioni non- logiche. Tale tendenza è dello stesso genere di quella per cui l'uomo anima, personifica, oggetti e fenomeni materiali. E così questa come quella hanno appoggio nel linguaggio volgare, il quale, ser- bando le traccio dei sentimenti che esistevano quando si è formato, personifica, cose e fatti, e li presenta ' come risultamene di logiche volontà.
5. La tendenza a figurarsi come logiche le azioni non-logiche si attenua e diventa la tendenza, egual- mente errata, a considerare le relazioni tra i feno- :
38 INTUODUZ. ALLA SCIliS'/.A SOCIALE [$ 0-6]
meni coino aventi Li .sola forma di relazione di l'ausa ad effetto, mentre ben più spesso tra i feno- meni sociali le relazioni esistenti (1) sono quelle di mutua dipendenza. Bisogna notare che le relazioni di causa ad effetto sono ben più facili da studiarsi elie quelle di mutua dipendenza. La logica ordinaria basta in molti casi per le prime: mentre le secondo richiedono spesso una qualità speciale di ragiona- menti logici, cioè i ragionamenti matematici (2).
6. Sia A un fatto reale e B un altro fatto reale, i quali stanno tra di loro in relazione di causa ad effetto, oppure anche di mutua dipendenza. Diremo oggettiva tale relazione.
Ad essa corrisponde, nella mente dell'uomo, una altra relazione A' B', che è propriamente relazione tra due concetti della mente umana, mentre A B era relazione tra due cose. A quella relazione A' B' daremo il nome di sof/gcltira.
Se troviamo esistere nella mente degli uomini di una data società una certa relazione A' B', possiamo ricercare : a.) Quale sia l'indole di tale relazione soggettiva, se i termini A' B' hanno un signitìeato preciso, se tra essi esiste, o non esiste, un nesso logico. /3) Quale relazione oggettiva A B corrisponde a quella relazione soggettiva A' B'. y) Come ha
(1) Cours d' Economie politiqae, I, § 225, Lausanne, 1896, 1897.
(2) Naturalmente ciò non è inteso dai molti economisti che discorrono del « metodo matematico », senza averne il menomo concetto. Hanno imaginato ogni sorta di motivi pei quali, secondo loro, si usa quel mostro inco- gnito a cui danno nome di « metodo matematico », ma non hanno mai posto mente a questo ; neppure dopo che fu esplicitamente indicato, come è, nel voi. I del Cours d' Economie politiqxte, pubblicato nel 1S96 a Lausanne.
[\\ ti-!)] INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE S9
avuto origine e come vieu determinata quella rela- zione soggettiva A' B' o) In qual modo la relaziono A B si è trasformata nella relazione A' B'. e) Quale efletto abbia sulla società l'esistenza di quelle relazioni soggettive A' B', sia che corrispondano a qualche cosa di oggettivo A B, sia anche quando sono interamente imaginarie.
Quando ad A B corrisponde A1 B', i due feno- meni si svolgono parallelamente ; l'ultimo nel caso in cui diventa un poco complesso, riceve il nome di tkoria. Si ritiene per vera (I, 36)quaudoin ogni (aio svolgimento A' B' corrisponde ad A B, ossia (piando teoria ed esperienza procedono d'accordo. Non vi è, non vi può essere, altro criterio di verità di una teoria.
7. Già accennammo (I, 10) che di nessun feno- meno naturale possiamo conoscere tutti i partico- lari, quindi la relazione A' B' sarà sempre incom- pleta in paragone della relaziono A B, e non fosse altro che per tale cagione, mai quelle relazioni potranno interamente coincidere, mai il fenomeno soggettivo potrà essere una copia rigorosamente fe- dele del fenomeuo oggettivo.
8. Ma ben altre cagioni possono allontanare l'uno dall'altro quei fenomeni. So por lo scienziato che studia sperimentalmente i fatti naturali nel suo laboratorio, il fenomeno soggettivo si avvicina quanto è. possibile al fenomeuo oggettivo, per l'uomo in- vece a cui fa velo il sentimento e la passione, il fenomeno soggettivo può divergere tanto dal feno- meno oggettivo da non avere più nulla di co- mune con esso.
9. Bisogna notare che il fenomeno oggettivo non si presenta alla nostra mente se non sotto forma di fenomeno soggettivo, ondo propriamente questo, non
4l> IN1KOUUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [$9]
quello, è cagione delle azioni umane; e il fenomeno oggettivo per operaie, su di esse deve trasformarsi prima in fenomeno soggettivo (1). Da ciò la somma importanza per la sociologia di studiare i fenomeni soggettivi e le relazioni in cui stanno coi fenomeni oggettivi.
Le relazioni tra i fenomeni soggettivi sono ben di rado copia fedele delle relazioni tra i fenomeni oggettivi corrispondenti. Spessissimo si osserva la differenza seguente. Certi nomini, sospinti dalle condizioni della vita, compiono certe azioni P...Q ; pòscia quando si fanno a ragionarvi sopra scoprono, o credono di scoprire, un principio comune a P...Q, ed allora si figurano che hanno compiuto P...Q, come conseguenza logica di quel principio. In realtà P...Q nou sono conseguenza del principio, ma sì bene il principio è conseguenza di P...Q. È ben vero che, quando poi il principiò è stabilito, ne seguono azioui 11...T, che da esse si deducono, onde, la proposizione riprovata è solo in parte falsa.
Tutto ciò si vede bene nelle leggi del linguaggio. La grammatica non ha preceduto, ma ha seguito la formazione delle parole. Ma le regole gramma- ticali, dopo che furono stabilite, hanno dato ori- gine a qualche forma, che si è aggiunta a quelle esistenti.
In conclusione facciamo due parti delle azioni P...Q ; R...T ; la prima, P...Q, che è più nume- rosa ed importante, preesiste al principio che pare regolarla, la seconda E...T, che è accessoria e spesso di pochissimo momento, è conseguenza del principio ; o, in altro modo, è conseguenza indiretta
(1) Lei systèmes socialUtes. I, !>•!;; '^
[§ 9-12] INTUODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 41
delle stesse causo die direttamente hanno dato
r...Q.
10. I fenomeni A' e B' del § 6 non corrispondono sempre a fenomeni reali A, B ; spessissimo accade che A' o B', o anche tutti due, non corrispondono a nulla di reale, sono entità esclusivamente ima- ginarie. Inoltro la relazione tra A' e 15' può essere logica solo in apparenza e non in realtà (1), Da ciò nascono vari casi che è opportuno distin- guere.
11. Sia A un fenomeno reale di cui un altro fenomeno pure reale B è conseguenza. Vi è una relazione oggettiva di causa ad effetto tra A e B. Se un uomo ha concetti più o meno grossolana- mente approssimati di A e di B, e pone quei con- cetti iu relazione di causa ad effetto, ottiene una relazione A' B', che è imagiue più o meno fedele del fenomeno oggettivo. Di tale genere sono le relazioni che scopre lo scienziato nel suo labora- torio.
12. Si può ignorare che B è conseguenza di A o credere che sia invece conseguenza di altro fatto reale C ; o si può, pure sapendo che B
è conseguenza di A, deliberatamente vo- *■>
lerlo considerare come conseguenza di (J. f\
11 primo caso è quello di errori scien- j ', tifici : e sempre se ne avranno esempii, A I ', (niellò fallibile è l'uomo. Il secondo caso si osserva nelle finzioni legali; nei ra- pj~ j iliouameuti che usano fare i partiti po- litici, per opprimersi vicendevolmente, o in altre simili circostanze ; è così che ragiona, nella favola, 1 lupo che vuole mangiare l'agnello. La maggior
(1) Lea systèmes socialiste», I, pag. 22.
iJ l.NmODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 12-13]
parte dei ragionamenti che si fauno per imporre balzelli è di tale fatto : si dice che si vogliono porre quei balzelli B in relazione con un certo principio di giustizia, o d'interesse generale C ; ma in realtà 15 è legato, come effetto o causa, al tornaconto A della classo dominante. lutine al caso presente si può pure riferire, almeno in parte, l'origine della casuistica (1).
13. Sinora discorremmo di tre fatti reali A, B, C ; tua nelle speculazioni umane intervengono spes- sissimo fatti interamente imaginari.
Può uno di questi casi imaginari M essere posto in relazione logica col fatto reale B ; il quale er- rore, elio è frequente ancora nelle scienze sociali, era . pure, in altri tempi, solito nelle scienze
ft (f ! siche. Per esempio, si toglie l'aria da
un tubo comunicante con un vaso pieno d'acqua; la pressione dell'aria sulla su- \j \» perticie dell'acqua è il fatto A, il salire L^ dell'acqua nel tubo è il fatto B. Tale
.Fig. 2. fatto si è voluto spiegare con altro fatto interamente imaginario M, cioè coll'« or- rore della natura pel vuoto », il quale ha etìettiva- mente B per conseguenza logica. Al principio del secolo XIX la « forza vitale » spiegava iniìniti fatti biologici. I sociologi contemporanei spiegano e di- mostrano molte cose col « progresso ». I « diritti naturali ì> hanno avuto e seguitano ad avere molta parte nella spiegazione dei fatti sociali. Per molti, che hanno imparato un poco come i pappagalli lo teorie socialiste, il « capitalismo » spiega tutto ed è cagione di ogni male che si osserva nell'umano consorzio. Altri discorre della « terra libera », che
(1) Les systèmes gocialigteg, I, pag. 178, 27.
[$ 13-14 J IKTBODTJZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 43
veramente nessuno ha mai veduto ; e ci si narra che tutti i mali della società nacquero il dì in cui « l'uomo fu separato dai mezzi di produzione ». Quando sia stato quel dì non si sa ; forse fu quello in cui Pandora aprì il vaso, oppure quello in cui il lupo e l'agnello discorrevano.
14. Quando si fa uso di fatti imagiuari M, po- tendosi scegliere quello che si vuole, parrebbe che almeno si dovrebbe avere cura che logico fosse il legame MB ; eppure ciò semine non accade, sia perchè la logica ripugna a certi uomini, sia perchè si mira ad operare sul sentimento. E segue altresì spesso che il fatto imaginario M è posto in rela- zione con altro fatto imaginario N, con nesso logico, e anche con uesso illogico. Di quest'ultimo caso si trovano non pochi esempi nella metafisica e nella teologia, nonché in certi scritti filosofici come nella Filosofìa della natura dello Hegel (1).
Cicerone (De nat. deor., II, 3) cita un ragiona- mento mercè il quale, dall'esistenza della divina- zione M, si deduceva l'esistenza N degli Dei. In altro scritto, egli cita un ragionamento inverso, pel quale dalla esistenza degli Dei si deduce quella della divinazione (2) ; e tosto ne mostra la vanità.
Tertulliano sa come accade che i demoni possono predire la pioggia ; ciò segue perchè, portati per l'aria, la sentono prima che giunga in terra (3).
(1) Lea sistèma socialistes, II, pag. 71 e sog.
(2) De div., I, 5 : « Ego enim sic existinio : si sint ea genera divinandi vera, de quibus accepimus, quaeque colimus, esse deos ; vicissimque, si dii sint, esse, qui di- vinent ».
(3) Apolng., 22 : e Habent de incoiata aeri», et do vi- inia sidorum, et de commercio nubiuin coelestes sapore >aratara*, ut et pluvias quas jam seutiuut, repromit-
mt ».
Il INTltODUZ. AI.). A BCIKNZA SOCIAI.K ["$ 14-lOJ
Nel medio-evo, quando gli uomini volevano coiti, porre alcuna teoria, erano quasi invincibilmente tratti a ragionare, o meglio a sragionare, io quel modo ; e se mai per un caso singolarissimo alcuno ardiva manifestare qualche dubbio, ora perseguitato, come nemico di Dio e dogli uomini, da coloro che, per fermo, orano in assoluto contrasto col buon senso e colla logica. Più tardi, le incomprensibili dispute sulla predestinazione, sulla grazia efficace, ed altre simili, ed ora le divagazioni sulla solida- rietà, dimostrano come gli uomini non si distac- chino da quei sogni, che solo dalle scienze fisiche poterono essere banditi, mentre in quelle sociali non cessano di aver luogo.
15. Se una relazione oggettiva AB combacia approssimativamente con una relazione soggettiva A'B' nella mento di un uomo, costui, ragionando logicamente, potrà trarrò da A', altro f> CP^P conseguenze CD', ecc., che non si .•' discosteranno troppo dai fatti reali C, D, ecc. Invece, se M essendo una cagione imagiuaria, o anche un fatto reale diverso da A, la relazione og- gettiva AB corrisponde alla relazione soggettiva MB', nella mente di un uomo, costui, sempre ragionando logicamente, trarrà certe conseguenze N, P, Q, ecc., che nulla hanno di reale. Se esso dunque paragona le sue deduzioni alla realtà, con animo di ricercare solo il vero e senza che qualche forte emozione a lui faccia velo, s'accorgerà che la cagione di B non è M ; e così poco alla volta, ognora sperimentando, e parago- nando le deduzioni teoriche alla realtà, modificherà la relazione soggettiva MB' e la sostituirà con altra A' B', che maofo'iormeute si avvicina alla realtà.
[§ 1618] IXTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 45
16. Di tale genero sono gli studii sperimentali t dello scienziato, e «li tale genere sono pure molto / altre azioni pratiche dell'uomo, tra le quali por- remo quelle che studia l'economia politica. Tal; azioni vengono ripetute molto e molte volte, in condizioni diverse, per modo che si abbiano d^ esaminare molte conseguenze di A, oppure di M, « che perciò si possa, ove concorrano altro condizioni soggettivo, aver un fedele concetto delle relazior] oggettive.
17. Chi invoce è tratto raro volte ad operare se- condo la relazione A B, o la compio sempre in iden- tiche condizioni, oppure soggiace a forti impres- sioni del sentimento, può benissimo avere della, re- laziono A 15 un concetto in parte imaginario Hi IV e talune volto un concetto interamente imaginario M N.
18. La teoria del primo genero di azioni ò essen- zialmente diversa dalla teoria del secondo genere. Di questa saranno dati ora brevissimi cenni, men- tre il preseute manuale ha principalmente per og- ( getto lo studio di quelle.
Notisi intanto che, nella vita sociale, il secondo genere di azioni ha parto notevolissima e di gran momento. Ciò che dicesi morale e costume ne di- pende interamente. Sta di fatto che sinora nessun popolo ha avuto una morale scientifica e sperimen- tale. I tentativi fatti da rtlosoli moderni per ridurre la inorale a tale forma riescirono vani ; ma quando anche si volesse ritenerli concludenti, rimarrebbe sempre che non escono da un ristrettissimo cerchio e che i più degli uomini, quasi tutti, li ignorano in- teramente. Similmente sorgo ogni tanto qualcuno che nota il carattere anti-scientifico, anti-sperimen- tnle, di certi usi o costumi ; e ciò può dare luogo
iti INTItODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 18]
a discreto produzioni letterarie, ma non ha polita- mente la menoma efficacia per mutare quegli usi o costumi, i quali solo si trasformano per beu altro cagioni.
Vi sono certi fenomeni ai quali nelle nostra società si dà, il nome di etici o morali, che tutti credono conoscere perfettamente, e che nessuno ha mai saputo rigorosamente definire.
Non sono mai stati studiali da un punto di vista interamente oggettivo. Chi se ne occupa ha una qualche norma che vorrebbe imporre altrui, e da lui stimata superiore ad ogni altra. Egli quindi ricerca non già ciò che uomini di un dato tempo e di un dato paese chiamano morale, ma ciò che a lui pare do- versi chiamare con quel nome ; e quando pure degua studiare qualche altra morale, egli la vede solo attraverso ai proprii pregiudizi, e si contenta di pa- ragonarla alla sua, che è misura e tipo di ogni al- tra. Quel paragone porta a varie teorie, implicite, od esplicite. La morale tipo è stata considerata come alcunché di assoluto; rivelata od imposta da Dio. secondo il maggior numero; sorgente dall'indole dell'uomo, secondo alcuni filosofi. So ci sono popoli i quali non la seguono ed usano, è perchè la igno- rano, e i missionari hanno 1'ufiBcio di insegnarla ad ossi e di aprire gli occhi di quei miseri alla luce del vero; oppure i filosofi si daranno briga di to- gliere i densi veli elio impediscono ai deboli mor- tali di conoscere il Vero, il Bello, il Bene, assoluti; i quali vocaboli sono spesso usati sebbene nessuno abbia mai saputo cosa significassero, ne a quali coso reali corrispondessero. Chi sottilizza su tale mate- ria vede nei diversi generi di morale, taluno ora dice anche nelle varie religioni, uno sforzo dell' Uma- nità (altra astrazione del genere delle precedenti,
[^ 18] 1NTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 47
sebbene un poco nicuo incomprensibile) per giungere alla conoscenza del sommo Bette e del Vero.
Nell'epoca moderna quei concetti si modificarono, forso più nella forma che nella sostanza, ma in ogni modo accostandosi un poco più alla realtà, e si ebb( la teoria della morale evoluzionista ; ma non perciò venne abbandonato il concetto di una morale tipo, soltanto essa fu cacciata alla fine dell'evoluzione, di cui segna il termino, sia in modo assoluto, sia temporaneamente. S'intende elio quella morale tipo, scelta e fatta proprio dall'autore elio la propugna, è migliore di tutte quelle che la precedettero. Ciò si può, volendo, dimostrare col sussidio di un'altra bellissima e, ai giorni nostri, potentissima entità metafisica denominata Progresso ; la quale ci affida che ogni termine dell'evoluzione segna uno stato migliore di quello dato dal termine precedente ; e che, per certo sue virtù occulto, ma non perciò meno efficaci, vieta che quello stato possa diven- tare peggiore.
In realtà, e lasciando da parte quei discorsi vani od inconcludenti, tale morale tipo altro non è se non il prodotto dei sentimenti dell'uomo che la fa propria, sentimenti per la massima parte attinti nella società in cui vive quell'uomo, e per una mi- nima parte suoi esclusivamente; ai quali danno forma i semtimenti, e che lievemente modifica il ragionamento ; ed essa non ha altro valore se non quello di manifestazione di quei sentimenti e di quel ragionamento.
Ma il suo autore non l'intende davvero così. Egli ha accolto quella morale spinto dal sentimento, e si pone il problema: come dimostrarla coll'esperienza e la logica? Così necessariamente incorro in pure logomachie, poichò quel problema è, per indole pro- pria, insolubile.
•13 INTHODUZ. ALLA. SCIENZA SOCIALE [$ 19j
19. Oli aomini, e probabilmente anche gli animali viventi in società, hanno certi sentimenti elio in circostanze determinate danno norma alle loro azioni.
(>nei sentimenti dell'uomo sono stati divisi in varie classi, tra le quali sono da notarsi quelle denominate: religione, morale, diritto, costume. I confini tra quello varie classi neppure ora si possono segnare con precisione, e fu tempo in cui tutte quelle elassi erano indistinte e costituivano un insieme pressoché omogeneo. Esso non hanno precisa cor- rispondenza oggettiva e sono solo un prodotto della nostra mente; perciò è vano di ricercare-, ad esem- pio, cosa sia oggettivamente la morale, o la giustizia. Kppure gli uomini in ogni tempo hanno ragionato rome se morale e giustizia avessero esistenza pro- pria, a ciò tratti dalla tendenza, che in essi é for- tissima, di dare carattere oggettivo ai fatti sogget- tivi, e dal bisogno prepotente di ricoprire con una vernice logica le relazioni dei loro sentimenti. Si- mile origine hanno la maggior parte delle dispute teologiche, nonché il concetto veramente mostruoso di una religione scientifica.
Morale e giustizia furono prima sottoposte alla divinità, ma poi sorsero a vita indipendente, e si volle persino, invertendo i termini, sottoporre lo stesso onnipossente alle loro leggi (1). Il quale fe-
(1) Ai tempi nostri tale opinione è generale. Già, il Montesquieu, Lettre» persix7ies, LXXXIII : « S'il y a un Dien, nion cher Rhédi, il t'aut nécóssairement qu'il soit juste ; car s'il ne l'éfait pas, il seraifc le plus nianvais et le plus itnparfait de tous les étres. La justice est un rapport de convenance qui se trouve réellement entro deus chosea : ce rapport est tonjonrs le méme, quelque étre qui le considère, soit quo co soit Dien, soit qne ce soit un filile, on enfin que ce soit un horame »,
[§ 19] INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 49
Qomeno è manifestazione dell'ondeggiare che fa la fede nella mente dell'uomo. Quando essa è strapo- tente, a tutto sovrasta il concetto della divinità; quando s'indebolisce, cede prima a concetti metafi- sici, come sono quelli accennati (§ 48), e poi a con- cetti sperimentali. Il movimento non ha luogo sempre per un verso, ma bensì segna larghe oscillazioni. Già Platone muoveva lite agli Dei dell'Olimpo in nome di astrazioni metafisiche ; ci fu poscia un ri- torno della fede, seguito da altre oscillazioni; sin- ché nell'epoca moderna abbiamo teologi pei quali la credenza in Dio è diventata solo credenza nella « solidarietà », e la religione dileguasi in un nebu- loso umanitarismo. Costoro oredono di ragionare scientificamente perchè hanno quasi vuotato di ogni concetto di religione positiva il loro discorso, e non s'avvedono che essendo questo pure privo di ogni concetto sperimentale, rimangono solo parole vuote di senso, atte a null'altro che a suscitare in certi uomini, pel mero suono, sentimenti indefiniti, im- precisi, quali si hanno nel dormiveglia. Se si para- gona qualche vita di santi scritta nel medio evo a quei vani discorsi, si vede che in questi come in quella egualmente mancano i concetti sperimentali, ma almeno quella s' intende, mentre questi sono in- comprensibili.
Notisi da prima la contraddizione. L'onnipossente ha creato, colle cose, quel t rapport de convenance » che hanno tra loro ; e poi trovasi costretto a sottoporsl a quel « rapport de convenance ».
Poscia bì osservi il solito errore che sta nel dare va- lore oggettivo a ciò che non ha che valore soggettivo. Quella relazione di convenienza non esiste che nella niente umana. Tale errore spiega, ed in parto toglie, la contraddizione accennata.
Economia politica. - 4.
50 INTRODUZ, ALLA SCIENZA SOCIALE \_§ 20]
20. Le ricerche che possono utilmente instituirsi su quei sentimenti sono rivolte a conoscere quale ne è fiudole, l'origine, la storia ; in quali relazioni stanno fra di loro e con altri fatti sociali; le rela- zioni che possono avere coll'utilità dell'individuo e della specie (§ 6).
Anche occupandosi di tali ricerche, è ben difficile che gli uomini procedano in modo interamente sereno e scientifico; a ciò si oppone il profondo commovimento dell'animo che da esse ricevono. Solitamente chi ragiona dei sentimenti ora accen- nati ne fa due classi, e pone nella prima quelli in eui consente, che sono detti veri e buoni ; nell'altra, quelli da cui dissente, che sono detti falsi e cat- tivi : e quell'opinione informa ogni suo giudizio, impronta ogni sua ricerca. In Europa, dal medio evo sino verso il secolo XVIII, non era lecito di discorrere delle religioni che non fossero la cri- stiana, se non come di funesti errori ; ora è sorta una religione umanitaria- democratica, e questa sola è vera e buona; le altre, compresa la cristiana, sonò false e perniciose. Chi manifesta tali concetti si figura iugenuamente essero scientificamente molto al di sopra di coloro che, per il passato, la mede- sima intolleranza diversamente usavano (1).
Da tale menda non vanno esenti molti fra i mo- derni che hanno studiata l'evoluzione di quei senti menti, poiché essi hanno una fede alla quale più
(1) Allred de Musset; L'Espoir en Dieu:
« Sous les rois absolus, je trouve un Dieu despoto ; On uous parlo aujourd' hui d'un Dieu républicain ».
Oggi poi ci discorrono di un Dio socialista; e ci sono dei cristiani che nel Cristo ammirano solo un precursore del Jaurès.
t$ 20-211 INTKUDUZ. ALLA 8CIKNZA SOCIALE 51
meno sottomettono i fatti, e vogliono dimostrai'! che l'evoluzione si compie nel senso da loro d<«i derato e propugnato. Non ostante i loro lave rj hanno assai giovato alla scienza, principalmei ts pei fatti raccolti, ordinati, illustrati, ed ancht perchè quel genere di studii ha finito col far na- scere l 'abitudine di considerare, almeno in pic- cola parte, oggettivamente tali sentimenti. In ogni modo, l'evoluzione o la storia di quei sentimenti è quanto in sociologia vi è più noto — o forse me- glio direbbesi : meno ignoto — onde, poiché qui di- sponiamo di poco spazio, sarà la parte sulla quale meno ci fermeremo, volgendoci di preferenza ad altre parti meno note ; e queste neppure possiamo i Lattare di proposito, ma esamineremo alcuni casi particolari che ci porgeranno esempi dalle teorie generali.
21. Sulla relazione tra i sentimenti religiosi ed sentimenti morali si contendo da molto tempo, e le due opinioni estreme sono : 1.° che la morale è un'appendice della religione: 2.° che invece la mo- rale sta da sé: onde sorge la dottrina detta della « morale indipendente !>.
Giova tosto notare che in tale contesa vi è un ilirtro-scena. Chi difende la prima opinione vuole dimostrare l'utilità della religione, come creatrice lidia morale; chi difende la seconda opiniouo mira ■s must rare l'inutilità della religione; o, per dire meglio, di una certa religione, che a lui non piace. Lasciamo per ora stare tale considerazione; ed esa- minando il problema intrinsecamente, vedremo cho è mal posto, poiché riunisce in uno due problemi diversi e che, come ora osserveremo, possono avere diversa soluzione. Occorre cioè, in questo come in ogni altro caso simile, distinguere le rela-
52 INTRODUZ. ALLA 8CIF.NZA SOCIALK [§ 21-23]
zioni logiche che a noi può piacere di creare tra i sentimenti, e le relazioni di fatto che tra essi esi- stono; ossia come al solito, distinguere le relazioni soggettive dalle oggettive.
22. Supponiamo che un uomo abbia certi senti- menti A, B, C; se per sussistere insieme fosso ne- cessario che tra di essi esistesse un nesso logico, i due problemi ora distinti si ridurrebbero ad uno. Ecco perchè solitamente si fa tale riduzione. È comune opinione, o implicita od esplicita, che gli uomini sono guidati solo dalla ragione, e che perciò tutti i loro sentimenti sono logicamente congiunti : ma tale opinione è falsa e smentita da infiniti fatti, che ci portano nella direzione dell'altro estremo, al quale per altro sarebbe pure errore il giungere ! cioè ci portano a ritenere che solitamente l'uomo è guidato esclusivamente dai sentimenti anziché dalla ragione. Quei sentimenti hanno origine dall'indole dell'uomo combinata colle circostanze tutte in cui ha vissuto, e non ci è lecito affermare a priori che tra di essi vi sia un legame logico. Tra la forma del becco del fagiano e la qualità del suo cibo corre una relazione logica; ma questa non esiste, o almeno è ignota, tra quella forma del becco ed i] colore delle penne del maschio.
23. Il problema posto al § 21 si bipartisce quindi nel modo seguente: 1.° supposto che (badisi a tale premessa) si voglia dimostrare logicamente che l'uomo deve seguire certe norme morali, quale è il ragionamento che nella forma apparo più rigoroso 1 2." I sentimenti religiosi, o per restringere un poco il problema forse troppo lato, i sentimenti determi- nati da una religione positiva con un Dio personale, sentimenti che diremo A, sono essi sempre, o soli- tamente, accompagnati in un individuo dai senti-
[$ 23-25] INTKODUZ. AllA SCIENZA SOCIALE 58
menti morali B; ossia: A trovasi sempre, o soli- tamente, con B ; oppure B sta da solo, o solita- mente senza A ?
Il primo problema fa parte di quelli che so- gnammo con (a) al § 6; il secondo di quelli che segnammo con (^).
24. Occupiamoci del primo problema. Di solito il ragionamento mira ad indurre l'uomo a compiere una certa cosa A cbe per sé medesima non è piacevole, o non e sufficientemente piacevole perchè l'uomo sia tratto direttamente a farla. In generalo del resto A indica non solo l'opera attiva ma anche l'asten- sione da certa altra cosa.
25. Tra gli infiniti ragionamenti che si fanno sul primo problema, gioverà considerare quelli che si partiscono nelle seguenti classi : (I) Si dimostra che A, in ultima analisi, torna vantaggioso al- 'uomo: (I a.) perchè un essere sovrannaturale, od anche solo una legge naturale o sovrannaturale (buddismo), premia chi fa A, castiga chi non fa A, sia (I a 1) in questa vita, sia (I a. 2) in altra ; oppure (I p) perchè, per virtù propria A finisce col tornare vantaggiosa : (I jì 1) all'individuo, op- pure (I /S 2) alla specie. (II) Si dimostra che A è conseguenza di qualche principio, per solito me- tafisico, di qualche precetto, ammesso a priori, di qualche altro sentimento morale. Per esempio : (II a) A concorda con ciò che vuole la natura; oppure, per parecchi autori moderni, coll'evolu- zione, colla dottrina della « solidarietà i>, ecc. ; (II /3) A è conseguenza del precetto che dobbiamo operare per avvicinarci alla perfeziono ; che dob- biamo « procacciare la felicità dell'uman genere, o meglio di tutti gli esseri sensibili > (1) ; o dob-
jl) John Stuart Hill, Logica, VI, 12, § 7.
54 iNTKom-z. alla scienza soci ale t$ 25-27]
Diurno faro tutto ciò che può migliorare e glorificare V umanità; o che <s dobbiamo operare per mòdo tale elio la norma del nostro volere possa prendere la l'orma di un principio di legislazione universale ■» (Kant), ecc.
26. I ragionamenti (I a) sono i più logici, etra essi migliori sono gli (I a 2). Quando Ulisse, per dimostrare che gli ospiti debbono essere ben trat- tati, dice che vengono da Zeus (1), adopera un argomento che, ove sia ammessa la premossa, riesce perfettamente logico. Può solo rifiutarlo chi. come il Ciclope, si crede pari in forze a Zeus; ma chi sa di essere da meno non ha scampo : e giova notare che viene battuto colle proprie armi, poiché per egoismo rifiuta aiuto all'ospite, e per egoismo deve temere la strapotente forza di Zeus.
27. 11 nesso logico è fortissimo; vediamo la pre- messa che sta nell'affermazione che Zeus vendica i forestieri. Nel caso (I a 1) questa proposizione può essere verificata sperimentalmente (1, 36), e quindi facilmente viene distrutta dalle osservazioni di qualche Diagora (2), o da quelle che Cicerone
(1) Ochjss., VI, 207, 208.
T.pìz, f«p i:cc s!-:v «-avtse |ììvo: ts jetto^oc ts. « Giacché da Zeus vengono tutti i forestieri e i meu- ùicanti ».
4.1 Ciclope (IX, 270) dico :
Zsùq S'snuijxY^cup ixsiàcov te |stv<ov ts, « Zeus vendica i supplicanti od i forestieri ». 11 ciclope risponde (IX, 275) :
Oò yàp KóxXcons^ A:Ò£ a.\y'.iy_oi> àXsyooatv, « I ciclopi dell'Egioco Zeus non si curano ».
(2) Come è ben noto costui divenne ateo pei che riiuast»
[§ 27-28] INTKODL'Z. ALLA SCIENZA SOCIALE 55
metto in bocca di Cotta {De nat. deor., Ili, 34 el passim)} ma nel caso (1 a. 2), la proposizione, es- sendo non sperimentale, sfugge ad ogni verificazione sperimentale, onde il ragionamento diventa tanto forte che solo vi si imo opporre un non liquet, non mai confutarlo, provando il contrario.
28. I ragionamenti del genere (I |3), e specialmente quelli (1 |S 1), conducono ad evidenti sofismi. In so- stanza, tolti i veli metalisci, l'asserire che l'individuo consegue il proprio vantaggio coli' operare secondo le norme morali torna ad asserire che la virtù è sempre premiata ed il vizio sempre punito, il che è manifestamente falso. Il mezzo usato abitualmente, da Platone (1) in poi, sta nel sostituire alle sensa- zioni piacevoli o spiacevoli che prova un uomo, delle astrazioni che si definiscono in modo da farle dipendere dall'operare moralmente; onde poi si ra giona in circolo : se la felicità ò la conseguenza
impunito chi, spergiurando, a lui aveva fatto danno. Sext. £mp.; Adverms physicos, p. 502 ; Solivi, in Ari- iloph., Aiti»., SoO.
(1) Civita*, I, p. 'òó'i, 354: « Soc: Non è giustizia del- l'animo la virtù; ingiustizia, il vizio? Tran: Sta bene. Hoc. Dunque l'anima giusta e l'uomo giusto vivranno bene ; l'uomo ingiusto, malo. Tra». Appare secondo il detto tuo. Soc. Ma chi bene vive è beato e l'elice ; segue il contrario per chi non vive bene. IVas. Che? Soc. 11 giusto dunque e felice; l'ingiusto infelice. — '0 p.èv òixaioi upa. euìu:|j.tt»v, ó S' àì;xoc; gcOmo^. ». Torna poi a para- frasare ciò 111, p. 444, 445.
Cosa pensasse precisamente Socrate veramente non sappiamo; ma il Socrate di Senofonte, pone quasi sempre come identici il bone e l'utile, il male e il nocivo. Chi fa ciò discorre contro ai fatti; e quindi per provare la sua asserzione non può ricorrere ad altro che a sciìsmi.
56 INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 28-29]
dell'operare moralmente, non c'è alcuna difficoltà per ooucludere che l'operare moralmente dà ia l'e- licità.
29. L'origine di quegli errori sta nel non volerò intendere che la sensazione piacevole, o spiacevole, è fatto primitivo, ohe non può essere dedotto col ragionamento. Quando un uomo prova una sensa- zione, è assurdo volergli dimostrare elio ne prova un'altra. Se un uomo si sente infelice, è cosa sommamente ridicola volergli dimostrare che è felice, o viceversa.
Pare impossibile che un uomo d'ingegno come era lo Spencer abbia potuto incappare in così gros- solano errore ; ma già tutto il suo trattato sulla morale non è degno della sua mente, e così me- glio appare il vizio del metodo seguito. Egli nel § 79 della Morale evoluzionista, ci vuole dimostrare che < le azioni fatte per giovare altrui procacciano a noi piacere, perchè fauno contenti coloro che sono a noi d'intorno ». Qui c'è una petizione di principio. O un uomo prova piacere nel vedere altri contenti, ed in tal caso è proprio inutile dimo- strargli che si procurerà un piacere facendo altri contenti ; sarebbe come se si dicesse : « A voi piace il vino: dunque, per procurarvi piacere, bevete vino ». O quell'uomo non prova alcun piacere nel vedere altri contenti, ed in tal caso non è per niente vero che, beneficando altrui, farà lieto sé stesso. Sarebbe come se dicessimo : « A voi non piace ài vino ; ma, se vi piacesse e ne beveste, sareste contento ; dunque bevetene e sarete con- tento ».
Al § 80, lo Spencer ci vuol, dimostrare che <s colui il quale si adopera per recare piacere ad altri eente maggiormente i propri piaceri che non colui
[$ 29 30] 1NTUODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 5?
il quale di questi esci usi vilmente si cura ». Ed anche qui ragioniamo in circolo ; cioè poniamo come premessa ciò appunto che vogliamo dimo- strare. È proprio strana la pretesa dello Spencer di volerti logicamente dimostrare che tu senti ciò che tu nou senti ! Ecco un uomo che mangia un pollo , gli si vuole dimostrare che proverebbe maggiore piacere mangiandone solo mezzo e dan- done mezzo al vicino. Egli risponde : « Pro- prio no ; ho anche provato e vi assicuro che provo maggiore piacere mangiando intero il mio pollo che dandone metà, al vicino ». Potete dargli del malvagio, ingiuriarlo finché volete, ma non po- tete dimostrargli colla logica che egli non prova quella sensazione. Un uomo è solo ed unico giudice in ciò che a lui piace, o non piace ; e 6e, per esempio, c'è un uomo a cui non piacciono gli spi- naci, è il colmo del ridicolo e dell'assurdo il vo- lergli dimostrare, come si dimostra il teorema di Pitagora, che, a lui piacciono. Gli si può bensì dimostrare che, col patire una certa sensazione spiacevole, egli se ne procurerà altra piacevole; che, per esempio, mangiando ogni giorno spinaci, risanerà da una certa malattia ; ma egli rimane sempre il solo ed unico giudice per sapere se i> compenso esiste o no tra quel piacere e quel dis- piacere, e nessuno può dimostrargli colla logica che quel compeuso esiste, se egli sente che non esiste.
Non ragioniamo qui dei fenomeni detti di sugge- stione, i quali nulla hanno a che fare colle dimo- strazioni logiche.
30. Nei ragionamenti del genere (I (3 2) è gene- ralmente sottintesa una premessa, ed il ragiona- mento completo earebbe : « L'individuo deve fare
58 iVIKOói :/. ALLA SCIENZA SOCIALI. [$ 30-31J
tutto ciò che giova itila specie; ^1 giova alla specie, dunque l'individuo dove l'aie A ». Quella premessa
per solito si tace, perchè difficilmente si trove- rebbe chi consentisse uell'atìerniaziono che, senza alcuna restrizione, l'individuo devo l'aro tutto ciò che giova alla specie; e l'introdurre restrizioni ci costringo a risolvere un problema difficile, poiché 'utilità dell'individuo e l'utilità della specie sono quantità eterogenee e cho malamente si possono paragonare. La seleziono opera sacrificando l'indi- viduo alla specie (VII, 99). Accade spessissimo che il bene, l'utile dell'individuo sono in assoluto con- trasto con eerte circostanze cho sono pure favore- voli alla specie. Sta bene che l'individuo non può esistere se non esiste la specie, o viceversa ; onde, se si distrugge la specie, sono distrutti gli individui, e viceversa; ma non basta ciò per identificare il bene dell'individuo e quello della specie : un indi- viduo può campare ed essere felice procacciando il danno di tutti gli altri individui cho compongono la specie. I ragionamenti del genere sopra accennato sono generalmente manchevoli dal lato della logica. 31. I ragionamenti della classe (li), come del resto anche quelli della classe (I), si potrebbero considerare sotto due aspetti. Si potrebbe cioè in- tendere che il principio al quale si vogliono con- giuugere i sentimenti morali è semplicemente il tipo dei sentimenti esistenti. Similmente esistono infiniti cristalli che tutti si possono dedurre dal si- stema cubico. Ma gli autori dei ragionami- liti (111 non l'intendono per solito in quel modo; e, se l'intendessero, riescirebbe loro impossibile il dimo- strare cho tutti i sentimenti morali esistenti e che hanno esistito si possono dedurre dal principio che urooueuauo. Non si vedo come da uno stesso priu-
[$ 31] 1NTR0&UZ. ALIA SCIKVZA SOClALK
cipio si potrebbe dedurre il precetto, il quale pure ò stato di molti popoli, « ossero doveroso vendicarsi del neiuieo », od anche solo il precetto greco, « odia olii ti odia, ama fortemente olii ti ama » (1) ; e l'altro « perdonaci nemici ; ama il prossimo tuo come te stesso. » Gli autori vogliono in generale dare il tipo non già dei sentimenti che hanno esi- stito, ma di quelli che dorrebbero esistere. Da ciò nasce il secondo aspetto sotto il quale ci appaiono quei ragionamenti, i quali sono volti non già a de- scrivere ciò che è, bensì a prescrivere ciò che do- rrebbe essere ; ed e in quel modo che ad essi viene meno il valore logico.
Herbert Spencer si toglie d'impaccio chiamando;j?'o- ìnorale gli usi e costumi che l'osservazione ci insegna esistere, od avere esistito; e serba il nome di ino- rale per un certo che di assoluto che dorrebbe esi- stere. Ma egli nou dimostra, e non può dimostrare, ja proposizione dove entra quel dovrebbe. Egli bia- sima le morali a priori, come la morale cristiana; ma in sostanza la sua morale è tanto a priori quanto quello da lui riprovato, ed egli stesso è costretto di riconoscere che l'osservazione non ci dà che la pro-morale.
Per esempio, egli è persuaso che la guerra è immorale. Tale proposizione può soddisfare i suoi sentimenti e quelli di altri uomini, ma non si può dimostrare scientificamente, e nessuno può dire se la guerra sparirà mai dalla terra. La ripugnanza dello Spencer per la guerra e per i sentimenti bel- peosi è meramente soggettiva; egli, seguendo una via solita per gli uomini, ne fa un principio ogget- tivo, e con quello giudica la morale dei diversi po-
(!) JIcscOvta ji.'icst, tòv pitaSvO' u-ef>tf>!},ee.
60 tNTJtOJbtìZ. AITA SÒlEKiJA SOCIALE [§ 'M 33
poli. Egli uon si avvede che per tale modo imita l'uomo religioso, pel quale ogni religione che non eia la propria, è falsa. Lo Spencer ha semplice- mente la religione della pace; e tale religione vale né più ne meno dell'islamismo, del buddismo, o di altra qualsiasi simile religione.
Lo Spencer percorre metà del cammino seguendo i modi del ragionamento scientifico; ina poi abbandona quel cammino, sospinto dalla forza prepotente che induce gli uomini a dare valore oggettivo a fatti soggettivi, e si reca nel dominio della fede, ove poi ognora più s'addentra.
32. In vero, in casi 6imili, il principio del quale usano gli autori non è per nulla maggiormente evi- dente delle conclusioni alle quali vogliono giungere; onde si finisce col provare una cosa incerta dedn- cendola da cosa maggiormente incerta. Lasciamo stare se cosa alcuna è secondo la natura (1), il fine dell'uomo, o qualche altra simile imagiuaria entità, o anche secondo l'evoluzione, od altra simile astrazione; poiché quando anche la cosa si potesse chiaramente conoscere, il che non accade, non perciò seguirebbe la conclusione che quella cosa da un individuo determinato debba essere compiuta; e volgiamoci subito ai ragionamenti (II /5) dove pare esserci minore lacune.
33. Essi hanno un comune diletto, dal punto di vista della logica, ed è di avere le premesse man- canti di precisione e di un corrispoudente senso reale. Ciò, sulle prime non si scorge, perchè quelle premesse si confanno a corti nostri sentimenti, ma quando si esaminano più da vicino, quanto più si
(1) Systèmet socialista, U, p. 21.
[§ 33-35J INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 61
cerca che senso possono avere, tanto meno diven- tano intelligibili.
34. Togliamo per esempio una frase tra le meno peggiori, cioè quella del Siili. Tralasciamo l'ultima parte, la quale riguarda gli esseri sensibili, e che ci vieterebbe di cibarci di carni e di pesce, e per- sino di camminare, per timore di schiacciare qual- che insetto, e consideriamola sotto la forma più ragionevole, che è quella del procacciare la felicità dell'uman genere. Quei termini ingannano, paiono chiari, e non sono. « L'uman genere » non è un individuo che abbia sensazioni semplici di felicità od infelicità, ma è composto di individui che hanno tali sensazioni. La data definizione suppone impli- citamente : 1.° che si sappia cosa è precisamente quell'unian genere, se comprende solo gli individui che vivono in un dato momento, o quelli che vissero e quelli che vivranno ; 2.9 che le condizioni della felicità di ciascun individuo di una data collettività non siano contradditorie, altrimenti il problema di assicurare la felicità di quella collettività sarebbe del genere del problema di descrivere un triangolo quadrato; 3.° che le quantità di felicità di cui gode ogni individuo sono omogeneo, in modo da potersi sommare, altrimenti non si sa proprio come si po- trebbe conoscere tale somma di felicità di cui godo la collettività; e se quella somma è ignota, manca ogni criterio per sapere se, in date circostanze, la collettività è più felice che in altre.
35. 1.° Per dire il vero, coloro che discorrono dell'uman genere sogliono invece intendere la propria nazione o, come caso estremo, la propria razza ; e i moralissimi popoli civili hanno distrutto e seguitano a distruggere, senza il minimo scrupolo, i popoli selvaggi o barbari. Lasciamo pure stare
6>2 iMKonn/. alla scienza sociale [§ 35-37]
(■io, e poniamo elio per umano genere s'intonila tutti gli uomini ; rimangono sempre, gravissimi quesiti^ cioò: quando la felicità degli uomini vi- venti trovasi in contrastò con quella dogli uomini nascituri, a quale devesi dare la prevalenza ? Quando, come sposso accade, la felicità degli indi- vidui presenti trovasi in contrasto colla prosperità della specie; quésta deve cedere a quella, o vice- versa? Notiamo che l'incivilimento europeo è frutto di infinite guerre e della larghissima distruzione dei deboli compiuta dai fòrti ; con quelle sofferenze si è comprata la prosperità presente ; ciò è bene o è in. il, f 11 principio ohe abbiamo posto non vale per risolvere il quesito.
30\ 2." Supponiamo una collettività costituita da un lupo e da tra agnello; la felicità del lupo sta. nel mangiare L'agnello, quella dell'agnello, ne] non es*ser mangiato; Conio tacciamo a render felice quella collettività'? Nell'umano' genere, ci souo popoli bellicosi e popoli imbolli ; la felicità dei primi sta, noi conquistarci secondi, e la felicità di questi, nel nonos sere conquistati. Occorre ricorrere a qualche altro principiò, ed eliminare, per esempio, la, felicità dei popoli bellicosi; sentenziarla meno degna di quella dei popoli imbelli, che si considererà sola. Ma in tal caso quel bel principio, che era stato instituito apposta per sciogliere i problemi morali, all'atto pratico si mette da parte, e non serve più a niente.
La felicità dei romani stava nel distruggere Car- tagine ; la felicità dei cartaginesi, forse nel distrug- gere Roma,, per formo, nel non avere distrutta la. città loro. Come farai a procacciare la felicità dei romani e dei cartaginesi 1
37. 3.° Potrcbbesi rispondere: la felicità totale.
[$-37 38] INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE ()3
ove i romani non distruggessero Cartagine, né i cartaginesi Roma, sarebbe maggiore che ove una di
quelle città fosse distrutta. Tale asserzione è cam- pata per aria e non può essere sussidiata dalla me- noma prova. Come si fa a paragonare quelle sen- sazioni piacevoli, o spiacevoli, e a sommarle f Ma per spingere, sino all'estremo le concessioni, sup- poniamo cbe ciò si possa fare, e poniamoci, per esempio, il problema di ricercare se la schiavitù è morale o no. Se vi sono molti padroni e pochi schiavi, può darsi che le sensazioni piacevoli dei padroni abbiano una somma (?) maggiore «Ielle sen- sazioni spiacevoli degli schiavi; e viceversa se vi sono pochi padroni e molti schiavi. Ma tale solu- zione nou sarebbe certamente accettata, nel primo caso, 'la coloro che vogliono usare il principio del maggiore benessere del genere umano. Per sapere se il furto è, o non è, morale, dobbiamo noi para- gonare i sentimenti spiacevoli del derubato, ai sentimenti piacevoli del ladro, e ricercare quali hanno maggiore intensità 1
38. Per poter usare il principio del MiJl si è tratti a doverlo combinare implicitamente od espli- citamente con qualche altro ; per esempio, coi prin- eipii della classe di cui è tipo il principio dei Kant. Ma anche qui lo difficoltà, che in sulle primo pa- iono tolte, risorgono appena si voglia ragionare un poco rigorosamente. Un principio di legislazione propriamente universale non può avere valore in una società, come quella degli uomini, costituita da individui diversi per sesso, per età, per qualità fìsiche ed intellettuali, ecc. ; e se quel principio s'intende soggetto a restrizioni, che tengano conto di tali ed altre simile circostanze, il problema prin- cipale diventa quello di conoscere quali di tali re-
61 INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [$ 38 39]
etrizioni occorre accogliere e quali respingere; e le premesse che avevamo poste diventano perfetta- mente inutili.
Le dÌ8posizioi)i che si leggono in Gaio, De con- dicione hominum, I, § 9, 10, 11 (1) hanno, o non hauno, il carattere di « un principio di legislazione universale! >. Se sì, la schiavitù è giustificata; se no, non è nemmeno lecito fissare che certi uomini, per esempio eletti dal popolo e deputati a certi uf- fici, debbono comandare ed altri ubbidire. For- malmente, queste e quelle disposizioni sono iden- tiche, e differiscono solo per l'indole e il modo delle restrizioni.
39. È notevole come in tale materia il senti- mento ha tanto impero sugli uomini, da far per- dere ai più l'uso della retta ragione. Per esempio ora, in Francia, molti uomini, che del resto paiono ra- gionevoli, ammirano le parole vuote di senso della celebre Déclaration des Droits de l'homme. 11 primo paragrafo ha qualche relazione col principio di una legislazione universale. Ci si dice che : « Gli uo- mini nascono e rimangono liberi e eguali nei diritti; le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull'utilità comune > (2). Lasciamo stare che quella libertà e quell'eguaglianza significano sem-
(1) § 9. Et quidom sin» ni a dlvisio de Iure personaram haec est, quod omnes homines aut liberi sunt ant servi.
§ 10. Rursus liberorum hominum alii ingenui sunt; alii libertini.
§ 11. Iugenui sunt, qui liberi nati sunt ; libertini, qui ex iusta servitute manumissi sunt.
(2) « Les homines naissent et demeuront libres et égaux en droits; les distinctions sociales ne peuvent étre foDdées que sur l'utilité commnne ».
[§ 39] JNTRODTJZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 05
plicemente che gli nomini nascono e rimangono li- beri, eccetto nelle cose in cui sono soggetti ; ed eguali in tutto, eccetto nelle cose in cui sono di. seguali; cioè meno che nulla; e fermiamoci solo sulla pro- posizione che le distinzioni sociali non possono es- sere fondate che sull'utilità comune. Ciò ci giova ben poco per risolvere i quesiti dell'ordinamento sociale, e rimuove solo la difficoltà, che ora sta nel determinare quell'utilità comune. Basta leggere Aristotile per vedere come la schiavitù si possa difendere sostenendo che è d'utilità comune (1); ed analoga difesa si può fare della feudalità, tanto odiata dai rivoluzionari che composero quella bella Déclaration. I presenti giacobini francesi ritengono giustificata dall'utilità comune la distinzione che fàuno fra cittadini appartenenti ad ordini religiosi cristiani, e cittadini appartenenti a loggie masso- niche ; ma gli ateniesi ritenevano egualmente fon- data sull'utilità comune la distinzione che face- vano tra l'uomo barbaro e il cittadino ateniese.
In sostanza, tutti quei ragionamenti pseudo-scien- tifici sono meno chiari ed hanno minor valore della massima cristiana che dice : ama il prossimo tuo come te stesso. Del resto tale massima appare in diverse epoche, e presso popoli assolutamente diversi, e trovasi anche nel Lun-Yu cinese (2).
(1) Si/stime* tonahstes, IT, p. 110.
(2) Luti- Yu o colloqui filosofici ; Traduzione del l'nn- thier, I, 4, 15: « La doctrine de uotre maitre consiste utiiqneiiient à avoir la droiture du crear et à aimer son procbain corame soi-méme ». Nota poi il traduttore :
« Ou croira difficilement que nostre trsduction soit eiacte ; cependant nous ne penaons pas que l'on puisse en taire une plus fidéle ».
Economia politica. - 6,
66 INTKODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 10-41]
40. I ragionamenti metafisici di cui ci siamo oc- cupati non hanno alcun valore oggettivo, perchè investigano cose che non esistono. Sono del genere di quelli che si facessero per sapere se Eros fu prima col Caos, la Terra ed il Tartaro, o se è figlio di Afrodite. Ricercare come sta ciò intrinse- camente, è cosa vana ; possiamo solo rioercare come lo concepirono i greci ; i cui pensamenti sono per noi fatti, di cui si può tessere la storia.
Molti sono i sistemi di morale che ebhero ed hanno corso, nò per lungo contendere dei loro fautori alcuno di essi ha acquistato decisa prevalenza sugli altri, onde ò rimasta pendente la quistione quale sia il migliore e ancora pende ; come pei tre anelli di cui ragiona il Boccaccio in una sua novella ; né potrebbe essere altrimenti, poiché manca ogni criterio spe- rimentale o scientifico per deoidere tale quistione.
L'unioo contenuto sperimentale o scientifico di quei sistemi sta nel fatto che certi uomini provarono certi sentimenti, ed in quel modo li espressero.
41. Sotto analogo aspetto abbiamo, nei precedenti paragrafi, considerato i pensamenti degli uomini ri- guardo a certe astrazioni ; ma altre ricerche più utili di queste rimangono da compiersi. Possiamo investigare l'indole di quei sentimenti, e quali rela- zioni ci sono realmente tra essi, trascurando quello imaginarie e che gli uomini si figurano esistere. Poscia, possiamo anche vedere come ed in qual
Anche nel Mahabharata è detto che si deve trattare altrui corno vorremmo essere trattati. E massime più o meno simili si trovano presso molti popoli. Esse risul- tano da sentimenti di benevolenza verso altrui, e dal bisogno che prova l'uomo debole, per difendersi, di chie- dere aiuti ai sentimenti di eguaglianza.
[§ 41-4ÌJJ 1NIKODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 67
modo le relazioni reali si sono trasformato in rela- zioni imaginarie. E con ciò ci volgiamo a consi- derare i problemi (£) (y) (o) del $ 6.
42. Da prima vediamo se quei sentimenti hanno una qualche esistenza oggettiva, indipendente dalla varietà delle menti umana, oppure se essi sono su- bordinati a tale varietà. È facile vedere che solo la seconda ipotesi è da accogliersi. Anche quando i sentimenti che riguardano la religione, la mo- rale, l'amor patrio, ecc., hanno espressioni let- terulmente e formalmente comuni per molti uo- mini, sono da essi variamente intesi. Il Socrate di Platone ($ 65) e l'uomo superstizioso di Teofrasto avevano la stessa religione; ma l'intendevano certo in modo ben diverso (1). E, senza ricorrere alla storia, chi vuole esempi, guardi intorno a sé e ne troverà quanti desidera. Quando dunque noi di- scorriamo, poniamo il caso, dell'amor di patria, noi accenniamo ad una classe astratta di sentimenti, costituita da singoli sentimenti esistenti in vari individui ; e quella classe non ha esistenza og- gettiva, più di quella che l'abbia la classe dei mam- miferi, costituita da singoli animali, che 6oli esistono
(1) G. Boiasier, La relig. rom., I, p. 179, discorrendo dell'apoteosi degli imperatori, dice: « En general, le vulgaire penaait que les Césars, étaient dea dioux comnie les autrea ; il leur attribuait la méme puissance, et supposait qu' elle se révelait de la méme manière, par des apparitions et dea aongea. Les gens éclairés, au con- traire, mettaient une certaine difl'érence entre eux et lea autrea divinitéa; c'était pour eux quelquo chose comme lea héros ou demi tlieux des anciens Greca. En somme ila ne leur aecordaient pas plua de privilégos que les stoiciens n'en attribnaient K leur sage après sa raort »,
68 INTJtODUZ. ALLA SCIÈNZA SOCIALE [Ói 42-44]
realmente. Per gli \iomini che costituiscono una nazione quei singoli sentimenti, se in parto sono diversi, hanno puro alcunché di comune.
43. Anche i sentimenti appartenenti a classi di- Terse ci appaiono come non interamente indipen- denti. Quella dipendenza non è generalmente logica, come erroneamente se la figurano i pili dogli uomini, ma nasce dallo avere quei sentimenti cagioni remote e comuni; onde propriamente a noi si dimostrano come rami nascenti da un medesimo tronco.
Principalmente la dipendenza appare tra azioni dello stesso genere : onde le azioni nou-logiche sono insieme favorite o depresse ; e del pari le lo- giclie. Chi spesso cede ad una specie di sentimenti, più facilmente poi cederà od altre specie ; chi è uso a adoperare spesso il ragionamento in certi casi, più facilmente lo userà in altri.
44. Ove noi, come faremo por la ricchezza (VII. 11), disponessimo gli uomini in strati secondo le loro qualità d 'intelletto e di carattere, po- nendo negli strati superiori coloro ohe hanno en- trambe quelle qualità al massimo grado, e negli strati inferiori coloro che posseggono solo in lieve grado una di quelle qualità od entrambe, vedremmo poscia che i vari sentimenti sono tanto meno di- pendenti quanto più si sale negli strati superiori; tanto più dipendenti, quanto più si scende negli strati inferiori. E se vogliamo ancora fare uso del paragone già adoperato diremo che negli strati su- periori i rami sono bene distinti e separati, mentre negli strati inferiori sono confusi.
Per tal modo la società umana presenta nello spazio una figura analoga (non già identica) a quella che presenta nel tempo ; poiché è ben noto che nei tempi pi-imitivi i vari sentimenti, ora pie-
[§ 44-46] INTRODtJZ. ALLA SCIENZA SOCIA LK b9
namente disgiunti, costituivano come uua massa omogenea (§ 81 nota).
45. Non le sole qualità dell'intelletto e del ca- rattere operano nel senso esposto ; ma altre molte circostanze hanno quell'effetto. Fra le principali c'è il genere di occupazione degli uomini. Coloro che governano, dal piccolo al grande, da una so- cietà industriale privata allo Stato, hanno senti- menti generalmente più separati ed indipendenti che non li abbiano i governati; e ciò accade per- chè quelli delibano necessariamente, più di questi, aver vedute larghe; ed appunto vedendo le cose più dall'alto, colla pratica, acquistano concetti che mancano a coloro che hanno occupazioni in un c.iuipo più ristretto (1).
46. Questa nuova classificazione coincide in parto colla precedente, e in parte pure coincide colla classificazione che si fa disponendo gli uomini se- condo la ricchezza (2) ; ma in parte pure tali classi differiscono. Da prima si può notare che vi sono negli strati superiori elementi che decadono, e ne- gli strati inferiori vi sono elementi che sorgono. Poscia vi sono uomini che appartengono all'aristo- crazia intellettuale e che non usano le loro facoltà
(1) Avvertasi che governante non vuol dire politicante; anzi l'abito acquistato da chi lungamente ha governato parte grande o piccola dell'attività umana, e l'abito acquistato dal parolaio intrigante, lusingatore di Demos, sono essenzialmente diversi.
(2) Coloro che hanno grandi ricchezze e le amministrano governano una parte notevole dell'attività umana, e quindi contraggono solitamente l'abito dell'ufficio che adempiono. Chi gode solo le ricchezze e le lascia amministrare ad lui intendente, non appartiene a tale classe, come il poli- cante non appartiene alla classe dei governanti.
?0 INtRODTJZ. ALLA SCIENZA BOCIALB [§ 40-48]
per procacciarsi beni materiali, ma che bì volgono all'arte, alla letteratura, alle scienze; ci sono gli oziosi, gli inetti, ooloro che consumano mente e vigore negli iports, ecc. Infine, circostanze svaria- tissime possono collocare diversament-e nella ge- rarchia sociale uomini che abbiano eguali le qualità intellettuali e del carattere.
47. Notisi, ed è nuova analogia con quanto ac- cade nel tempo ($ 81 notai, che la facoltà di astrazione va crescendo dal basso in alto; onde solo negli strati superiori appaiono i principii ge- nerali che compendiano i diversi generi di azioni ; e coll'apparire di quei principii si manifestano le contraddizioni che tra essi possono esistere, e che più facilmente sfuggono tra i oasi concreti da cui sono astratti quei principii.
48. La mente umana e cosi fatta, che nei tempi di viva fede non scorge contraddizione alcuna tra i suoi pensamenti riguardanti la religione e gli altri pensamenti che riguardano la morale o i fatti speri- mentali; e quei vari pensamenti, sebbene talvolta assolutamente opposti, possono coesistere nella stessa mente. Ma, quando scema la fede, oppure quando, come ad esempio passando dagli strati in- feriori ai superiori in una stessa società, divengono maggiormente indipendenti i vari generi di senti- menti (§ 19), quella coesistenza diventa spiacevole, dolorosa, e l'uomo mira a scansarla, procurando di togliere le contraddizioni, che solo allora scorge.
Nella mente degli antichi elleni capivano, senza contrasto alcuno, le scandalose avventure dei loro dèi e principii di morale discretamente elevati. In una stessa mente stavano, senza cozzare, la credenza che Kronos avesse, con dentata falce, tagliati i
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[$ 48-49] INTBODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 71
genitali del padre Urano (1), e la credenza che era inviso agli dèi l'uomo il quale insultasse il vecchio padre (2). Ai tempi invece di Platone, grave era divenuto il dissidio; ed una delle credenze stava per espellere l'altra. Platone non vuole che si figuri Zeus congiungentesi, ad insaputa dei geni- tori, colla sorella Era ; né che « crediamo o la- sciamo asserire ohe Teseo, figlio di Poseidou, e Piritoo, figlio di Zeus, abbiano tentato il ratto di Persefone, né che alcun altro figlio degli dèi, al- cun altro eroe, sia stato reo delle empietà e dei delitti che narrano i poeti >. Col progredire del tempo crebbe la smania di interpretare artificial- mente le antiche credenze e ad esse mutare senso; mentre, come bene OBeerva il Grote, « la dottrina che si suppone essere stata simbolicamente espressa nei miti greci e posteriormente annebbiata, vi fu in realtà messa per la prima volta dall' imagina- zione non consapevole d'interpreti più moderni* Era una delle vie che seguivano gli uomini colti per sfuggire alla necessità di accettare letteralmente gli antichi miti, per giungere a qualche nuova forma di credenza meglio rispondente al concetto che avevano degli dèi ».
Similmente i cristiani nel medio-evo non vede- vano, e non potevano vedere, tra i racconti della Bibbia e la morale quei dissidi che con tanta ma- lizia misero in luce i filosofi del secolo XVIII (3).
49. Il dissidio ora notato non è che un caso par- ticolare di un fatto molto più generale. Gli uomini dei popoli barbari, e gli uomini del volgo presso i
(1) Hesiod. ; Theog, 180.
(2) Hesiod.; Op. et de., 329.
(3) Come è notissimo a tutti. Dante, benché Drofondd-
72 INXKODUZ, ALLA SCIENZA flOOIALK [$ 49]
popoli inciviliti, hanno ben altro da fare ohe stu- diare i proprii sentimenti. Se qualche filosofo seguo la massima : « conosci te stesso », il maggior numero degli uomini non se ne cura. Inoltre l'uomo il quale ha certi concetti, prova certi sentimenti, non bada generalmente più che tanto a metterli in re- lazione l'uno coll'altro; e quando pure, col pro- gredire del tempo, pochi uomini, tratti dall'abito di ragionare, si danno di ciò pensiero, si acconten- tano facilmente di una relaziono qualsiasi che sorge dalla loro fantasia. Così, presso certi popoli, tutto ciò che l'uomo deve fare è comandato da Dio, e quel comando ò il nesso che fissa la relazione tra fatti interamente diversi ; chi maggiormente specula cava fuori un qualche nesso metafisico; ed infine solo un ristrettissimo numero di uomini, e solo quando l'incivilimento è molto progredito, procura di ricercare i nessi sperimentali di quei fatti.
Se ciò solitamente non s'intende, segue perchè si cade nell'errore notato al $ 9. Si suppone, cioè, che quei fatti siano conseguenza logica di un prin- cipio; e quindi appare stranissimo che possano es- sere in vicendevole contraddizione ; si suppone che l'uomo operi mosso da quelle deduzioni logiche, e quindi non si concepisce come i vari suoi atti pos- sano, in parte, non essere posti in relazioni mutue.
monte cristiano, stima doveroso la vendetta del congiunti. Li/. XXIX, 31-36:
O Duca mio, la violenta morte Che non gli è vendicata ancor, diss'io, Per alcun che dell'onta sia consorte, Fece lui disdegnoso; ond'ei sen gio Senza parlarmi, si com'io stimo: Ed in ciò m'ha e' fatto a so pia pio.
[§ 50 J INTUODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 73
50. Vinto da quei preconcetti, l'uomo procura sempre di ristabilire tra i fatti quelle relazioni lo- giche che egli si figura dover necessariamente esistere, e che solo per grossolano errore e gravis- sima iguorauza hanno potuto occultarsi.
Esempio notevolissimo di tale operare sono i tentativi fatti per conciliare la fede colla ragione; la religione colla scienza, l'esperienza, la storia.
Giova notare cho sinora non si è verificato caso alcuno in cui quei tentativi abbiano sortito prospero successo ; anzi si può porre come norma generale che una fede qualsiasi, quanto più procura di conciliarsi colla scienza, tanto più rapidamente decade (1) ; ed è naturale, poiché basta aprire un poco gli occhi per vedere che mai nessuno è di- ventato religioso in virtù di una dimostrazione del genere di quella di un teorema di geometria.
Similmente poco o nessun "-valore pratico hanno le religioni metafisiche, perchè mancanti delle qualità necessarie per operare sulla ragione e sui sensi del volgo.
Li' esercito della salute, usando mezzi confacenti a coloro ai quali si rivolge, ha efficacia sociale molto maggiore di quella delle più sottili e dotte disqui- sizioni metafisiche.
Coloro i quali vogliono introdurre nella religione cristiana la critica storica della Bibbia, non in- tendono quale divergenza assoluta ci sia tra la scienza e la religione, tra la ragione e la fede, e come corrispondano a diversi bisogni dell'uomo. 1
(1) Così è accaduto di una qualità di « protestantismo liberale », che non è nemmeno più un teismo. Un pro- fessore di teologia definiva la religione « l'insieme di tutte le solidarietà ».
74 irtuoduz. Alla scienza sociale [§ 50]
libri sacri di qualsiasi religione traggono il proprio valore non già dulia precisione storica, bensì dai sentimenti che possono destaro in chi li legge ; e l'uomo elio, oppresso dal dolore, chiedo i soccorsi religiosi, desidera non già una dotta dissertazione storica, della quale non capirebbe nulla, bensì parole di conforto e di speranza. La religione, come la stanno ora riducendo certi teologi umani- tari, diventa un semplice giuocattolo per uso di nietalìsici e di letterati.
Se poniamo mento alle nostre società nell'epoca presente vedremo elio quel bisogno di conciliazione tra i sentimenti religiosi ed altri non esiste che negli strati superiori ; e questi, per poter fare ac- cettare le loro elucubrazioni agli strati inferiori, sono costretti di presentarle sotto tutt'altra luce ; cioè sotto quella di una conciliazione della fedo cogli interessi materiali, a cui, ed è naturale, gli strati inferiori principalmente attendono. Per tale modo vediamo, ad esempio, avere origino e crescere la dottrina dei democristiani.
Gli operai sindacati chiedono di essere conside- rati almeno conio eguali ai borghesi, in virtù del principio che tutti gli uomini sono eguali; ma poi mandano a spasso quel bel principio, ritenendosi come molto superiori agli operai non sindacati ed ai Krtimiri. Quando i marinai del porto di Mar- siglia scioperarono, ritenevano che il governo avrebbe offesa la libertà dello sciopero se li avesse sostituiti coi marinai delle navi da guerra ; quando poi i capitani e gli ufficiali della marina mercantile scioperarono alla loro volta, i marinai chiedevano che il governo mandasse a dirigere le navi gli ufficiali della marina da guerra; o della libertà dello scio- pero si dimenticarono interamente. Similmente un
[§ 50] INTflODUZ. ALLA SCIENZA SOCIAL» 7o
Bocimano diceva ad un viaggiatore : <t Quando si rapisce la mia donna, si fa una cattiva azione , quando rapisco la donna di un altro, faccio una buona azione ».
Negli strati inferiori socialisti non si scorge con- traddizione fra gli opposti ragionamenti degli operai sindacati e dei marinai marsigliesi; e, se appena si scorge, è cosa di cui nessuno si dà pensiero. Solo i capi vedono la contraddizione, e tosto la tolgono con sottile casuistica, e può anche darsi che, nel fare ciò, qualcuno di essi sia in buona fede.
Gli « intellettuali » che in Francia ferocemente accusarono il procedere dei tribunali militari, in un celebre processo, e delle loro querimonie empirono il mondo, sentono senza il menomo sdeguo il pro- curatore generale Bulot asserire che vi è una ra- gione di Stato davanti alla quale il giudice deve in- chinarsi sotto pena di essere destituito (1). E, non
(1) Relazione comunicata ufficialmente alla stampa nella seduta del 24 giugno della Commissione parlamen- tare d'inchiesta sul fatto dei certosini.
Sembat. Vous avez parie, voua auasi, monsieur le prò- cureur general, de l'intérét supérieur. Il y a donc une raison d'Etat dovant la quelle un inagistrat est obligé de s'incliner?
Bulot. Sous peine d'étre revoqué, évidemment (Rires).
Berthoulat. Comment se fait-il quo l'instiuction ait continue à marcher, bien que voua n'ayez pas eu le nom que vous déclariez indispensable au président du Conseil
Bulot. Elle n'a pas continue longtemps et elle a abouti à un non-lieu parce qu'on ne pouvait aller plus loin ; je me snis inclinò devant la raison d'Etat, le « fait du princo », si vous voulez.
Se ei ammette il « fatto del principe », si può inten-
76 INTKODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 50]
ostante le parole tanto chiare del Bulot, che ha persino esplicitamente nominato il fallo del Prin- cipe, c'è chi crede che la repubblica è esente da tale menda, che è propria della monarchia.
Altri « intellettuali > credono, in buona fede, che solo i cattolici insidiano la « libertà di pen- siero »; onde, per conseguire quella libertà, appro- vano senza restrizione alcuna le persecuzioni contro ai cattolici, e sono ammiratori del Combes. E nep- pure quando questi esprime in modo chiarissimo che mira ad istituire una nuova ed unica fede, in-
derò come i magistrati furono tanto indulgenti per gli Humbert, tanto rigorosi per le vittime di quei celebri scrocconi.
Funck-lirentano, L'affaire du collier, Paris 1901, p. 325 : « Et tei était le pouvoir absolu de la monarchie de L' ancien regime... L'honneur de la reine est en ieu, la couronne peut étre atteinte. Le roi confie le eoin du jugement à. un tribunal dont aucuu juge n'est à sa nomination; à des magistrata sur lesquels il ne peut rien et ne pourra jamais rien à aucun moment do leur carrière, d'aucune fa<;on; à dea magistrata qui, par esprit et par tradition, lui sont bostiles. Ainsi que le montre Bugnot, le procureur du roi lui-méme n'est pas, au l'arlenient, librement choisi par le roi. Mais bien plus, voici mème le controleur general, assistè du biblio- thócaire du roi... qui combat direetement, dans une circoustaiiee aussi grave, les intéréts du roi et de son autoiité. Nul uè s'en étonne. Est-il aujourd'hui un gou- vernement, qui ait le cosar de voir fleurir sous ses yeux pareilles libertés ? ».
11 governo cha tali libertà concedeva, era governo di i una classe in decadenza, e cadde; il governo che oggi le toglie è governo di un'aristocrazia che sorge, e pro- spera. E la borghesia, stupidamente vile, lo aiuta coi propri denari.
|§ 50] 1NTKODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 77
tollerante quanto altre mai (1), non s'avvedono della contraddizione in cui cadono.
L'anti-alcoolismo in parecchi paesi forestieri è diventato una religione ed ha feroci settari; pa- recchi di questi hanno anche la religione del ma- terialismo od altra analoga, per cui sono fiera- mente avversi ai cattolici e deridono il precetto per il magro. E, se si dice loro che alla fin fine imporre a un uomo di mangiare di magro in certi giorni è prescrizione dello stesso genere, sebbene meno molesta, di quella che a quell'uomo vieta di gustare una minima quantità di bevande aleooliche, credono di togliere la contraddizione dicendo che le loro prescrizioni hanno l'approva- zione della benemerita, democratica, progressiva e sacrosanta « seionza »; il che vuol diro semplice» mente che ci sono certi medici che, tra le tanto cose pili o meno ragionevoli che asseriscono, pongono anche questa; e quei settari, dimenticano o fin- gono di dimenticare, o non s'avvedono, che la loro « scienza » ora appunto viene proprio in rum sidio delle prescrizioni cattoliche, facendo vedevo che il mangiare di magro giova ad evitare certo malattie (2). Esempi simili ci sono a dovizia per
(1) Vedasi la nota al § 94.
(2) Nel 1904, all'Accademia di medicina di Parigi i dott. Lueas-Chnnipionniòre conclude un suo lungo studio dicendo che il cibarsi di carne favorisco malattie into" Rtinali e l'appendicite dopo l'influenza {grippe), e con- siglia di cibarsi intermittentemente di vegetali, cioè di mangiare di magro ogni tanto.
Quando puhlicammo i Hysthnes, lord Salièonry aveva fatto respingere una delle tante leggi assurde dei signori anti-alcoolici; ma quell'uomo di Stato essendosi ritirato, i suoi successori fecero approvare una legge simile Sysfème* gocialittes, I, p. 274,
78 1NTKODUZ. ALLA ICIENZA SOCIALE [§ 50-52J
tutti i generi di settari fanatici, in tutti i tempi e in tutti i paesi.
Herbert Spencer nota « l'assoluta contraddizione esistente in tutta Europa tra i codici che regolano la condotta, e che si accomodano ora ai bisogni dell' amicizia all'interno, ora a quelli dell'inimicizia al di fuori » (1) ; ma, per conciliare quegli opposti precetti, prende una via spiccia : espelle senza altro gli ultimi, in nome della sua morale, e non gli viene in monte che essi possono essere tanto utili, anzi indispensabili, quanto i primi.
51. Vi ^souo circostanze le quali favoriscono lo svilupparsi dei sentimenti di vario genere; ve ne sono altre che ad essi sono contrarie. Per tal modo appare manifesta una delle principali qualità di dipendenza di quei sentimenti, la quale sta nel- l'avere essi comune origine. Di tal genere è pro- priamente, in gran parte, la dipendenza tra i sen- timenti religiosi e i sentimenti morali, come già notammo in generale al § 43; onde accade spesso ohe sono insieme favoriti, insieme depressi ; e più precisamente devesi dire ciò di tutti i sentimenti affini (2). Similmente, "in un prato, la pioggia fa crescere varie specie di graminacee: la siccità pro- lungata è ad esse contraria ; per tal modo sono legati i sentimenti notati e non già perchè un:, ■pecie direttamente dipende da altre (§ 70).
52. Ciò non vuol dire che presso tutti i popoli debbansi trovare tutti i sentimenti, e che tutti, in
(1) Morale dei diversi popoli, § 115.
(2) Tale fatto sta iti lontana ma non trascurabile rela- zione con quello ben noto che chi è stato spesso addor- mentato coll'ipnotismo perde ogni facoltà di resistenza » nuò essere addormentato con un semplice conno.
[^ 5LS-54J INTKODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 79
«guai grado, crescano in intensità o decrescano. Vuol solo dire che quei sentimenti che, per infi- nite cagioni, si ritrovano presso un popolo, sog- giacciono a certo circostanze che operano su di essi. Per esempio, un popolo può avere certi sentimenti A, B. 0..., e un altro i sentimenti B, €'..., e man- care del sentimento A. Ove mutino certe circostanze, i sentimenti del primo popolo diventeranno A', B' ', C7'.., mutando d'intensità, ma non in egual grado; e similmente accadrà pei sentimenti dell'altro popolo.
53. Non solo differiscono quei sentimenti fra i vari popoli, ma nello stesso popolo variano secondo gli individui; e le circostanze che operano su quei sentimenti hanno effetti diversi secondo gli indi- vidui. Per coloro in cui è maggiore l'indipendenza dei sentimenti può facilmente una qualità di questi es- sere favorita separatamente; per coloro in cui ò mi- nore tale indipendenza, i vari sentimenti sono in- sieme favoriti o depressi. Perciò facilmente, negli strati superiori, si possono trovare persone man- canti di un genere di sentimenti ed aventi gli altri in grado elevato (1).
54. Se gli uomini vivossero interamente sepa-
li) Bayle; Pensées diverse*... à V occasion de la co- mète..., IV édit. ; p. 353: «... je remarquerai que ce peu de personnes qui ont fait profession ouverte d'atheisme parmi les anciens, nn Diagoras, un Théodore, un Ève- mère, et quelqucs autres, n'out pas vécu d'une manière qui ait i'ait crier contre le libertinngo de leurs moeurs. Je ne vois pas qu' on les accuso de s'étre distingués par les dérèglements de leur vie... ».
Tale argomento, spessissimo ripetuto con valore ge- nerale (trovasi ancbe nello Spencer, Fatti e commenti), ha solo il valore ristretto indicato nel testo.
80 INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOC1ALK [$ 51-56]
rati, potrobboro avere sontimeuti religiosi, morali, di amor patrio, ecc., interamente diversi; ma gli uomini vivono in società o quindi in uno stato pi? o mono di comunismo riguardo a quei sentimenti. ] patrimoni materiali possono essere separati intera- mente; i patrimoni dei sentimenti o dell'intelletto sono, in parte almeno, comuni.
55. I mutamenti nei sentimenti di una classo so- ciale operano per produrrò altri mutamenti noi sen- timenti delle altro classi. Il movimento può essere più o mono rapido ; talvolta anche assai lento. Per solito i sentimenti sono insidiati ed affievoliti dal ragionamento, nello classi superiori ; ed è solo indirettamente che, in seguito, quel movimento si estendo alle elassi iuferiori. In esse muta spesso carattere e forma ; ondo il ragionamento scettico delle elassi superiori può mutarsi in una feile, nello classi inferiori. Viceversa i sentimenti dello classi inferiori operano sulla mento delle classi superiori, che li trasformano in ragionamenti pseudo-scien- tifici.
56. Gli antichi spartani avevano in grado emi- nente lo virtù dell'amor patrio; sembra anche elio fossero discretamente roligiosi; ma non egualmente morali (2). Del rosto ciò potrebbesi iu qualche modo dire del maggior numero degli elleni : ed è cosa quindi tanto più notevole, e che maggiormente con- ferma la proposizione generalo cho abbiamo esposta,
(1) Due rapii ce ne sono siuoliò si vuole, nell'antichità, nei tempi di mezzo, nell'epoca moderna.
(2) Fustel de Ooulanges, Nouv. rech. tur quel. prob. d'hitt., p. 92: « Il n'y a pas do villo grccqno oò. l'histoiro signnlo antant do fait do comiptiou. » E seguita citando molti fatti.
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il vedere che, mutando le circostanze, si affievoli- rono insieme tutti quei sentimenti, tanto quelli che per il passato erano vivi, come quelli che erano deboli.
57. In Atene possiamo, mercè le produzioni let- terarie, seguire la decadenza dei sentimenti reli- giosi, nelle classi alte intellettualmente, dai tempi di Eschilo, passando da Euripide, sino ai tempi dei cinici, degli epicurei e degli scettici. Le classi infe- riori resistevano all'irreligione e solo gradatamente seguivano l'esempio che loro veniva dall'alto; e di quella resistenza sono testimoni moltissimi fatti, tra i quali basti ricordare le condanne di Diagora, di Socrate, ed altre simili. Un fenomeno analogo aveva luogo a Roma, ai tempi di Cicerone, mentre, per altro, la resistenza delle classi popolari era solo passiva; ma divenne attiva e si propagò alle classi superiori, quando acquistarono credito i culti orien- tali e in ultimo vinse il cristianesimo, che perse- guitò i filosofi. Altro reazioni di quel genere si eb- bero quando sorsero gli ordini mendicanti; poi, quando l'irreligione delle classi colte, specialmente delle latine, venne ripudiata dalla grande reazione religiosa del protestantismo ; e da capo, in Francia, quando l'irreligione delle classi alte ebbe termino colla rivoluzione del 1789 ; la qnale, con molto senno il de Tocqueville osserva essere stata una rivoluziono religiosa; tale religione essendo quella umanitaria e dei giacobini.
58. Si osservi che in tutti quei casi, ed in altri simili cho si potrebbero recare, la reazione religiosa è accompagnata da una reazione morale (1). Tutti
(1) G. Boissier, La relig. rovi., II, p. 377, nota come uu fatto singolare ciò che invece è la regola. Discorrendo
Economia politica. - 6.
82 INTRODOZ. ALLA SCIKNZA SOCIALE [§ 58]
quei fenomeni si possono descrivere in uno stesso modo : l'uso della ragione affievolisce nelle classi superiori i sentimenti religiosi e ad un tempo quei morali; qualche volta anche quelli di amor patrio, onde appaiono i cosmopoliti; ed in generale si può dire che perdono forza molti dei sentimenti non-ra- zionali. Il movimento poco a poco si estende alle classi inferiori ; poscia in esse cagiona una reazione, rifioriscono in quelle elassi i sentimenti religiosi e i sentimenti morali, spesso anche i sentimenti «li amor patrio. Questo movimento, che co6Ì è nato
delle società romane nel secolo III dell'era nostra, dice: « Ce qui rend si remarquables les chaugoments qui Js'accomplissent alors dans les opiuious religieuses, o'est qu'ils eolncidont avec ceux qu'on observe dans la moralité publique ».
Lea, Hist. de l'Inquis-, trad. di S. Eeinach, I, pa- gina 126 della trad. (Ili dell'orig.), dà un esempio del rin- vigorire la morale insieme ai sentimenti religiosi: «Une après-midi qu'il (Gervais de Tilbury) se promenait à eheval dans l'escorte de son archevèque Guillaume, son attention fot appelée sur une jolie lille qui travaillait genie dans une vigne. 11 lui fit immédiatemeut des pro- positions, mais elle le repoussa en disant qae si elle l' écoutait, elle serait irrévocablement damuée. Une vertu si sevère était un indice: manifeste d'hérésie; l'arehevéque fit immédiatement conduire la fille en prison comme suspecte de Catharisnie. ».
Machiavelli, Disc, stella pri. dee. di T. L., I, 12, di- scorrendo dei tempi suoi, dà colpa alla chiesa di Roma del mali dell'Italia, perchè « per gli esempi rei di quella corte, questa provincia ha perduto ogni divozione ed ogni ìeligiotio; il che si tira dietro infiniti disordini.... ...Abbiamo dunque con la Chiesa e coi preti noi Italiani questo primo obbligo, d'essere diventati senza religione
cattivi... ».
[$ ;"8-(>0] INXEODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 83
nelle elassi inferioii, invade poco a poco le classi superiori, iu cui tornano ad avere vigore sentimenti religiosi. E poi da capò quei nuovi sentimenti si affievoliscono come si erano affievoliti gli antichi. Principiasi così un nuovo ciclo simile a quello già descritto. Per tal modo hanno luogo assai general- nunte le variazioni ritmiche che già da tempo furono osservate nell'intensità dei sentimenti religiosi (1). 59. Badisi che discorriamo di sentimenti, e che non si debbono confondere colla forma che quei sentimenti possono assumere. Spesso accade che la reazione popolare, mentre rinvigorisce, esaltaci sen- timenti religiosi, dà ad essi nuova forma; onde non torna l'antico fervore religioso, ma ne sorge uno nuovo. E pongasi altresì mente di non con- fondere i sentimenti religiosi col culto; questi pos- sono decadere e quello fiorire. Nemmeno si creda chei sentimenti religiosi abbiano necessariamente per oggetto un dio personale ; basti l'esempio del bud- dismo per toglierci da così grave erroro ; sotto 1 nostri occhi imi abbiamo il socialismo, cho è diven- tato propriamente una religione (§ 85 nota).
60. .Se le classi superiori potessero e volessero tenere per sé il frutto dei loro ragionamenti, quel seguito di azioni e di reazioni sarebbe forse meno frequente e meno intenso. Ma, per le circostanze stesse del vivere sociale, riesce difficile che le classi superiori possauo ciò fare, e neanche fanno quel poco che possono; perchè, oltre a coloro che la pro- pria classe tradiscono per procacciarsi illeciti gua- dagni, altri individui, materialmente onesti, appar- tenenti alle classi superiori, sono sospinti dalla
(1) Systèmes socialistes, I, p. 39.
84 INTROIU'Z. Ali A SCIENZA SOCIALE [§ 60-63}
smania di far partecipi le classi inferiori dei loro ragionamenti ; ed inoltro a loro fa velo l'invidia e l'odio die risentono per le antiche dottrine atti- nenti al sentimento, le quali, con gravissimo errore, vogliono giudicare tenendo solo conto dell'intrinseca logica; onde, ignorandone interamente l'alto valore sociale, le reputano inoonoludenti e vane supersti- zioni, dimostrando così una stoltizia che a loro pare saviezza.
61. Per tal modo operando, e sin dove conse- guono lo scopo, che è generalmente di affievolire certe forme del sentimento religioso nelle classi in- feriori, ottengono anche l'altro scopo, a cui corto non mirano, di affievolire altresì in esse i senti- menti morali; e quando poi, trascorrendo oltre, ve_ dono nascere la reazione di sentimenti religiosi sotto l'usata o sotto la nuova forma, ne viene per. vasa, offesa, vinta, la loro ragione; ed in conclu- sione riescono dove mài avrebbero voluto andare.
62. In Atene, la resistenza delle classi inferiori non si mutò in una reazione che invadesse le classi superiori; il che probabilmente accadde perchè il fenomeno fu disturbato dalla conquista romana. Tale coesistenza, per un certo tempo, di una classe superiore, nella quale dominava la ragione, e di una classe inferiore, in cui dominava il sentimento, è non ultima tra le ragioni dello straordinario in- civilimento di Atene in quel tempo (1).
63. Già intorno a Pericle si adunavano persone che liberamente ragionavano intorno allo credenze popolari, ed il conversare loro in casa d'Aspasia, fa
(1) Vedasi, in altro senso, ma che è pure auslngo, l'e- sempio di Scipione e dei suoi militi : Si/stèmeiì socialiste», I, p. 303.
[§ 63] 1NTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 85
tornare in niente i salotti francesi alla vigilia della rivoluzione ; nell'ini caso e nell'altro la filosofa graziosamente mescevavi al mal costume (1). Le ac- cuso contro Aspasia ed Anassagora possono avere avuto per origine l'odio politico contro Pericle ; ma la forma, cioè l'essere state quelle accuse di empietà, deve pure avere avuto qualche fondamento nei fatti; il che del resto è manifesto per Anassagora. Dall' usare con questo filosofo, secondo Plutarco ( Pcrieles, 6), Pericle trasse il bene di conoscere la vanità delle superstizioni popolari circa ai prodigi. Ed in Anassagora già veniva meno, insieme alla religione, l'amore della patria (2); sinché poi Dio- gene, precursore dei nostri internazionalisti, si di- chiarò apertamente cosmopolita (3).
(1) Plut., Peri., 24, narra ohe Aspasia allevava me- retrici, Ath. XIII, p. 570 : K«l 'Aartotac'a 8è v] -a»cp«c:r.v) svETCOps'Jsro TzXrfi-ij xaXcòv Yf>va;x("v, xaì èjcXvjOavev usò tàv taó-Yjs étacpc'Btov vj 'EXXà^,... « Aspasia, la socratica, trafficava iu molte belle donne, e da essa tu ripiena di meretrici la Grecia... ». Al latto fecero la frangia i comici, ma nella sostanza non pare dubbio; o almeno ha per sé né più né meno probabilità di es- sere vero che quasi tutti i fatti della storia della Grecia.
Plot., Peri., 32, narra come da Ermippo fu accusata Aspasia di empietà (àje(2e:a), ed inoltre di lcnocinio, per avere procurato a Pericle donne libere. Anche Fidia fu tacciato di simile lenocinlo in favore di Pericle (ibid. 13)
(2) Diog. Laert., II, 6: « Dicendogli uno: Nulla cura, è a te della patria, ? rispose: A me veramente è in somma cura la patria ; e mostrava il cielo ».
(3) Diog. Laert.; VI, 63: « Interrogato di dove fosse: Cosmopolita, disse: èp<ozyfts\$ rciOsv sVyj ; Koajj.orcoXt'CYj.;, Uifij». Vedi anche Lue, Vitar. auctione. Similmente Epi- teto, Aria., Ppict. Diss., Ili, 24; e Antigeuide, Philo lud. Dicesi anche di Socrate, ma pare poco probabile.
86 INTRODCZ. ALLA SCIMNZA SOCIALE [{. 64-66J
64. L'irreligione, dai discorsi dei filosofi o dallo produzioni della scoria, sparse-vasi nel popolo, ma non senza resistenza. Euripide principiava il suo dramma, intitolato Mélatiippe, dicendo: « Zeus, chiunque sia. giacché di lui so solo il nome » ; ma tanto ne fu offeso il pubblico, che egli dovette mu- tare quel verso (1). Noi suoi drammi vi sono molti passi diretti contro la religione, almeno come era volgarmente intesa; ed egli pone pure in dubbio i fondamenti della morale (2).
65. Notevolissimo è il caso di Socrate. Egli era rispettosissimo delle credenze religiose popolari, moralissimo. ossequente alle patrie leggi sino a soffrire la morte per non sottrarvi si: oppure, l'opera sua fu diretta involontariamente a distruggere la religione, la morale, l'amor patrio; e ciò perchè colla sua dialettica, collo spingere gli uomini ad in- dagare colla ragione le cagioni di quei sentimenti. li scalzava dalle radici. Abbiamo così un esempio caratteristico della teoria generale espressa nel pa- ragrafo 43.
66. Per tal modo si hanno conseguenze in appa- renza paradossali; cioè si vede che mentre le accuse
(1) E disse: «Zeus, come veramente sei chiamato » Plut., Amat., XIII, 4. Vedi anche Lue, Tnp. trag., 41; Instili. Mari., p. 41.
(2) Phen., 504, 525 ; Io, 1051 ; ecc. Per altro le parole che egli pone in bocca a Ippolito, dicendo clie « la lingua ha giurato, non la niente », e che a lui furono spesso dai contemporanei rimproverate come imniora- lissime, vogliono veramente significare che la promossa ottenuta con trofie e con incanno non è da osservarsi; ed è cosa che, entro certi limili, si pnò concedere. A li- biamo in quelle parole nn esempio di casuistica. Sygtèmet socialiste*, I, p. 29. Arist., l'het.. I, lo. 29.
[$ 66J INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 87
mosse a Socrate sono false formalmente e nel parti- colare, sono poi vere nella sostanza e in generale. Così dello accuse mosse da Aristofane nelle Nubi, nessuna letteralmente è neanche lontanamente vera; eppure il concetto generale che lo Nubi dovevano far na- scere nella mente di chi le udiva, cioè che l'opera di Socrate fosse in ultima analisi contraria ai sen- timenti religiosi ed ai sentimenti morali, è piena- mente giustificata. Similmente, dell'accusa che a morte trasse Socrate, è falso che « non riputasse dèi quelli che la città reputa tali »; falsissimo poi che egli « corrompesse i giovani » (1), nel senso dato al vocabolo corrompere dagli accusatori; ve- rissimo per altro che, con quel suo disputare di tutto e con tutti, egli inconsapevolmente insidiava la cre- denza degli dèi della città e corrompeva i giovani; nel senso che affievoliva in essi la fede necessaria al bene operare in prò della città. Inoltre, la cir- costanza che più onora Socrate, e che in astratto pare accrescere molto i meriti suoi, cioè il non avere tolto egli danari per insegnare, è appunto quella che faceva il suo insegnamento massimamente dan- noso alla città. Infatti i sofisti, che grave prezzo richiedevano all'opera loro, non potevano avere che scarsi ascoltatori, i quali erano per la massima parte dell'aristocrazia intellettuale: onde a pochi scalzavano le credenze patrie, e anche a parte di que- sti i sofisti potevano fare più bene che male, per es- sere tali loro discepoli apparecchiati ad usare della ragione; invece Socrate investiva l'artigiano, l'uomo che dalle cure giornaliere della vita materiale era posto nell'impossibilità di seguire con frutto lunghi,
(1) Diog. Laer. ; II, 40: «... àòixeì fk xal tei? vsoo;
88 INTRODUZ. AI I.A SCIENZA SOCIALE [§ 6fi-69]
pollili ed astrusi ragionamenti; ed a lui toglieva la fecle, senza potervi in nessun modo sostituirvi utili fratti della, ragione.
67. Tale opera insidiosa e nefasta era vivamente sentita «Ini contemporanei, ehe istintivamente in- tendevano quanto danno potesse recare; onde, per essa, ebbe Socrate nemici tanto nella parte oligar- dica, come nella democratica ; i Trenta gli proibi- rono espressamente di discorrere coi giovani (1); i democratici lo condannarono a morte.
68. Ma, come bene osserva lo Zelici- (Philo- sopJiie rìer Gi'iéchén, I5d. II, 2 A., p. 193), il male era generale e non restringevasi all'insegnamento di Socrate; « tutti gli nomini colti del suo tempo avevano ricevuto l'insegnamento di una critica in- dipendente, dis'truggìtrice della fede e della morale tradizionali ». Aristofane stesso, clie vuole ricon- durre i contemporanei alle idee antiche, « è tutto pieno dei concetti del suo tempo ■».
69. Occorre di non dimenticare una circostanza di noi» gran momento per la storia di quel tempo, ma che acquista valore per l'analogia che fa scorgere con altri fenomeni posteriori; ed è che, mentre le antiche credenze si affievolivano, le pratiche dei
(1) Xenoph., Meni., I, 2, 36. I Trenta fecero venire in loro presenza Socrate, e questi fingendo di non ca- pire, chiedeva se, quando comperava ad nn uomo sotto ai trenta anni, non doveva chiedere il prezzo. Ca- dde rispose che bene ciò poteva fare, «. ma tu snoli, Scorato, chiedere ciò che ottimamente sai, lascia stare tale interrogare ». Proseguendo Crizia, che era un altro dei Trenta, disse, 37 : « Conviene, Socrate, che tu lasci stare i calzolai, i legnatoli, i fabbri; perchè sono infa- stiditi dei tuoi discors ».
[§ 69-70] 1NTRODCJZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 89
Misteri si espandevano molto. Così si vede nu lieve cenno di un genere diverso di resistenza, ebe ebbe parte principale iu altri fenomeni cioè si vede ap- parire la resistenza dei sentimenti religiosi niani- festantesi sotto nuova forma (§ 59).
70. Rimane da vedere come i sentimenti etici e di amor patrio scemassero di intensità insieme ai sentimenti religiosi ; e badisi che discorriamo solo di sentimenti attinenti a religioni positive e non di quelli attinenti a religioni metafisiche, le quali, per la loro indole, sono seguite solo di un numero ri- strettissimo di uomini (^ 50).
Se paragoniamo i tempi di Maratona ai tempi di Socrate, divergono i pareri. C'è chi, come il Grote, nega che i costumi fossero decaduti, e c'è chi, come lo Zeller, ritiene invece che fossero peggiorati; ma quando ci spingiamo più oltre, sino ad esempio ai tempi di Demetrio Poliorcete, la decadenza dei co- stumi è manifesta e da nessuno negata (1). Ciò ba- sta per la proposizione generale, che afferma che i sentimenti religiosi, etici, di amor patrio, spesso
(1) Enorme è la differenza tra gli Ateniesi rifiutanti « la terra e l'acqua » chiesta da Dario, e poscia soste- nendo l'urto del potente naviglio persiano aSalamina, e gli Ateniesi vilmente prosternati dinanzi a Demetrio Poliorcete. Essi registrarono costui e Antigono tra i loro dèi salvatori, ed all'arconte da cui denominavansi gli anni sostituirono il sacerdote degli dèi salvatori. Fu consacrato il luogo ove Demetrio scese per la prima volta dal cocchio, e erettovi un altare detto di Demetrio- salvatore. Fu decretato che coloro che mandavansi a Demetrio non fossero chiamati ambasciatori ma Teori, come quelli mandati a Pito e ad Olimpia. Mutarono persino nome ad un mese, intitolandolo a Demetrio. Il resto vedasi in Plutarcb., Deme., 10, 11, 12.
90 INTHODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 70-73]
insieme decrescono, o crescono; mentre il sapere se la deoadenza ha avuto luogo sino dai tempi di So- crate preme solo per stabilire con quale velocità il moto nato nelle classi superiori si è propagato alle inferiori.
71. So noi potessimo prestar lede ai paragoni fatti dai contemporanei tra i costumi antichi e quelli del tempo loro, dovremmo concludere che sino dai tempi di Socrate, e anche prima, i costumi erano assai decaduti; ma quei paragoni, neanche quando souo fatti da uomini come Tucidide (III, 82, 83), non hanno alcun valore, perchè era generale presso gli scrittori antichi il pregiudizio che il presento fosse p&ggiore del passato (1).
Dobbiamo quindi rigettare interamente quésta ta- cile ma fallace conferma della nostra proposizione generale, e cercare in altro modo se con essa i fatti concordano.
72. Ciò si ottiene ricorrendo alla storia ; ed è troppo grande il contrasto tra gli eroi di Salamina e gli inetti cortigiani di Demetrio Poliorcete, e vi sono troppo altri simili fatti, perchè cada il me- nomo dubbio in proposito.
73. Aggiungasi che il sospetto il quale investe i paragoni fra il passato e il presente, non ha luogo
(1) Orazio, Carm., IH, VI, compendia opinioni ripe tute da secoli, dicendo :
Aetas parentum, pejor avis, tulit Nos nequiores, mox daturos Progeniem vitiosiorem. « I padri nostri erano peggiori degli avi, noi siamo piti cattivi dei padri, e lascieremo tigli più viziosi di noi ».
Ai tempi nostri è articolo di fede l'opinione diretta- mente contraria a questa.
[§ 73] INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 91
pel paragone di fatti egualmente presenti; ed ab- biamo su ciò la pregevolissima testimonianza di Polibio. Egli osserva (1) che « l'eccesso di religione, stimato Tizio presso altri popoli, è ciò che mantiene la repubblica romana. La religione è esaltata e ha straordinaria potenza in ogni privato negozio. Di ciò molti stupiranno; ma io stimo che da essi sia fatto per via della moltitudine (2). Se fosse possi- bile comporre una repubblica tutta di savi, forse tale ordinamento nini sarebbe necessario... Quindi a aie pare che gli antichi tali opinioni circa agli ■ lei ed alle pene dell'inferno non a caso nò teme- rariamente presso il volgo hanno introdotte, mentre molto più temerariamente e dissennatamente sono state dai moderni rigettate (3), Onde, pur tacendo di altro, coloro che presso i Greci trattano la pubblica. pecùnia, se od essi si affidi un solo talento, quando anche abbiano dirci mallevadori, dieci sigilli ed il dop- pio di testimoni non scrinino lede : mentre presso i ro- mani coloro che nelle magistrature e nelle legazioni molta pecunia trattano, a cagione solo del giura- mento, serbano la fede ». Ma presto, ai tempi di Sallustio e di Cicerone, diventarono i romani ciò che erano i Greci ai tempi di Polibio.
(1) VI, 56, 7 e seguenti.
(2) 'Euoc ye jj-VjV So5coÓ3i teò jcXìjOoo^ /«p'v tsyto ns-ocvjxsvat.
(3) Con Scipione l'Africano usava un'eletta schiera tli annoi, tra i quali era Polibio; ed è molto probabile che questi riproduca qui concetti che erano di tale società.
Posteriormente, Cicerone, De har, resp., 9, fa proprio nn concetto che era volgare in Poma osservando che a ca- gione della religione i romani avevano vinto gli »Jtri popoli: nmnrs fjentr-s natiohegqtiè superàvimtts
S2 introplz. alla scienza sociale [§ 74-?7]
74. In ciò elio dice Polibio due cose sono da os- servare, cioè:1!." i fatti, e ad essi non vi è alcun ragionevole motivo di non prestare fede ; 2.° l'inter- pretazione ; la (piale cade nel solito errore di isti- tuire tra i sentimenti religiosi ed i sentimenti mo- rali una relazióne di causa ad effetti, mentre vi ha solo una relazione di dipendenza da comuni origini e cagioni (II, 43).
75. (§ f>, y) Ricerchiamo come abbiano origine e si mantengano quei sentimenti, e perciò conside- riamo un problema più generale, cioè quello di sa- pere come e perchè esistono nella società umana cèrti fatti A, B, C..,, sieno essi sentimenti, istitu- zioni, costumi, od altre simili cose,
76. Or non sono molti anni è stata data elei pro- blema una soluzione che, se si potesse accettare, sarebbe perfetta e porrebbe ad un tratto la socio- logia nella categoria delle scienze più progredite. Tale soluzione si ottenne estendendo ai fatti sociali la teoria del Darwin, per spiegare la forma degli esseri viventi ; ed è certo che vi è similitudine tra i due casi. Seguendo tale via,, diremo dunque che i sentimenti, le istituzioni, i costumi di una data società sono quelli che meglio si confanno alle cir- costanze in cui quella società trovasi; che vi è iutine un adattamento perfetto fra quelli e queste.
77. La soluzione così ottenuta parve verificata dai fatti; il che seguì per esservi effettivamente in essa una parte di verità, che appunto è quella che trovasi nell'analoga teoria per le forme dei viventi, e che fu messa in luce dai neo-darwiniani. Noi dobbiamo cioè ammettere che la selezione opera solo per distruggere le forme peggiori che troppo si allontanano da quello adattate alle circostanze in cui trovassi i viventi, o le società; essa non de-
[$ 77-78] INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 93
termina quindi precisamente le forine, ma solo certi limiti che quelle forme non possono varcare.
Così è certo che un popolo bellicoso non può avere sentimenti assolutamente vili, istituziorii ec- cessivamente pacifiche, costumi imbelli ; ma al di qua di quei limiti i suoi sentimenti, le sue istitu- zioni, i suoi costumi possono variare moltissimo e quindi sono determinati da altre circostanze, che non sono la selezioni'.
78. I popoli già alquanto inciviliti hanno istitu- zioni tanto meno severe pei debitori, quanta mag- giore abbondanza posseggono di capitali mobiliari. Questo fatto, considerato superficialmente, pare con- fermare interamente la teoria del § 76, e si può dire; tanto ineuo capitali mobiliari possiede un po- polo, tanto più sono preziosi, tanto maggiore è il bisogno di conservarli e di annientarli; quindi tanto più rigidi debbono essere gli ordinamenti diretti a tale scopo.
Tale ragionamento è in parte vero, ma anche in parte falso. È vero, in quanto che i popoli che hanno pochissima ricchezza, se non hanno ordina- menti che valgano ad impedirne la distruzione, pre- sto cadono nella barbarie. È falso, in quanto che quegli ordinamenti non seguono precisamente il corso dell'aumento della ricchezza ; onde non di- vengono sempre meno rigidi man mano che questa cresce; ma può accadere che per un poco di tempo rimangano costanti, o anche che divengano più ri- gidi, mentre cresce la ricchezza. La corrispondenza tra i due fenomeni non è perfetta, ma solo gros- solanamente approssimata.
Giova anche notare che tale corrispondenza tra i due fenomeni non è conseguita solo per mezzo della selezione. In una società in cui scarseggiano
94 INTHOIH'Z. Al.l.A SCIENZA SOCIALE [§ 78-81]
i cnjiitali mobiliari, ogui distruzione che di essi viene fatta cagiona gravi sofferenze, e quindi diret- tamente dà origine a sentimenti pei quali seguono provvedimenti diretti ad impedire simili distruzioni ; e ciò, non già in virtù di un ragionamento logico, ma in modo analogo a quello per cui, non solo l'uomo, ma ben anche l'animale, è tratto ad allon- tanare da sé cosa che ad esso procaccia dolore.
79. Una società in cui ogui individuo odiasse il suo simile, non potrebbe evidentemente sussistere e si diseioglierebbe. Vi è dunque un certo minimo di benevolenza verso il proprio simile, necessario per- chè si nuautenga la società. Vi è altresì un altro minimo, superiore al precedente, necessario perchè i componenti la società, prostandosi mutua assi- stenza, possano resistere all'urto di altre società. Al disopra di quel minimo possono variare più o mono i sentimenti di benevolenza.
80. Altra soluzione molto semplice, e del genero della precedente, si ha ammettendo che i sentimenti morali, religiosi, ed altri, sono quelli che più gio- vano alla classe sociale che domina.
Tale soluzione ha un poco di vero, ma proporzio- nalmente meno che la precedente, e maggior parte d'errore. I precetti morali sono spesso volti ad as- sodare il potere della classe dominante, spessissimo a temperarlo (1).
81. Tra i fatti che determinano le massime mo- rali generali, è certo principale l'istinto di socialità. Perchè tale istinto esista in certi animali, ed in altri no, ci è oscuro ; ondo per ora dobbiamo as- sumerlo come fatto primitivo oltre al quale non ri- saliamo.
(1) Systìmes socialistcs, II, 115.
[0 81] INTKODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE !)5
Pare probabile che per la morale • come pel di- ritto (1) quell'istinto si sia manifestato da prima in fatti disgiunti, che poi furono congiunti e compen- diati per mezzo di massime morali, le quali per tal modo appaiono come il ìisultamento dell'esperienza. Ed, in un certo senso, si può pure così considerare la sanzione di uu dio data a quelle massime, poiché chi non le osservava dimo stravasi privo dei senti menti necessari nelle circostanze del vivere sociale in cui trovavasi, per cui, tosto o tardi, ne poteva portare la pena, e non era interamente finzione che, ad esempio, Zeus vendicasse i supplicanti.
Si suole ragionare come 6e le massime morali avessero origine esclusivamente da coloro a cui im- pongono certe norme di fare, o di non fare, ma in realtà esse hanno altresì origine da coloro che ne ritraggono qualche vantaggio. Chi desidera che altri faccia cosa alcuna in suo prò, ben di rado es- prime sohiett aniente tale desiderio ; egli stima mi- glior consiglio di dargli forma di un concetto ge- nerale o di una massima morale. Ciò si vede otti-
(1) Vertasi Post, Grundrias der ethnologischen Iuris- prudenz; e principalmente sir Henry Sumner Maine, Ancient lavi. Egli osserva che nella remota antichità greca, le Oétxcats^ erano sentenze dettato al giudice dalla divinità. « Nelle antiche società, maggiormente che nello società moderne, si vedeva probabilmente ri- prodursi frequentemente le stesse circostanze, ed in quei casi simili, le sentenze erano naturalmente simili. In ciò è l'origine dell'uso o norma, che è concetto posteriore a quello delle Olaiats^. Colle nostre idee moderne noi siamo fortemente indotti a credere a priori ebe il concetto di una nornia deve precedere quello di una sentenza giudi- ziaria... ma pare che non vi sia dubbio che, invece, l'or- dine storico dei due concetti è quello testé indicato »,
96 ÌKXKODUZ. ALLA 66IEKZA SOCIALE [$ 81 S'-'J
mamente ai giorni nostri, ponendo mente alla nuova morale della solidarietà.
82. A cagione del l'atto che i problemi sociali nono essenzialmente quantitativi, mentre noi ne es- primiamo qualitativamente la soluzione, segue che v1 sono massime morali letteralmente contrarie e che in sostanza mirano a reprimere deviazioni eccessive per un verso e pel verso opposto, portandoci al punto che quanti tati vaim ente stimasi miglior e. Così alla mas- sima : ama il prossimo tuo come te stesso, fa riscon- tro l'altra, che « carità bene ordinata prineipiaMa sé stessa» (1). In una società vi sono massime favorevoli alla classe dominante, ma ve ne sono pure altre che ad essa sono contrarie (2j; nelle società ove più crudele è l'usura, si hanuo massime morali mag- giormente ad essa contrarie. In tutti quei casi ciò che gli uomini stimano un male sociale viene cor- retto da certi fatti, i quali poi sono compendiali sotto forma di massime o precetti. Similmente hanno origine le massime o precetti che valgono per certe classi sociali, per certo caste, per collettività per- sonali, ecc.
Ciò che, giustamente o no, vicue reputato di danno ad una collettività, più o meno ristretta, è vietato da un precetto della morale particolare di quella collettività; ciò che ad essa è reputato utile viene similmente imposto. Nascono poi fenomeni
(1) Teoguide di Hegara dice, 181 182, che « morire vai meglio per l'uomo che l'essere povero e vivere af- flitto dalla dura povertà » ; e poco dopo, 315-318, osserva che molti cattivi sono ricchi e molti buoni, poveri; ed aggiunge : « io non cambierei la mia virtù colla loro ric- chezza
(2) Systcmes socialistes, II, p. 115.
[$ 82-85] INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 97
d'interponimento tra queste vario morali, e tra esse e la morale generale.
83. Vana ricerca è quella di alcuni che indagano se i sentimenti morali abbiano origine individuali'
0 sociale. L'uomo che non vive in società è un es sere straordinario, a noi pressoché, o meglio inte- ramente ignoto; e la società disgiunta dagli indi- vidui è astrazione che a nulla di reale corrisponde (1). Quindi, ogni sentimento che negli uomini viventi in società si osserva, sotto un oerto aspetto è indivi- duale, sotto un altro aspetto è sociale. La metafì- sica sociale che costituisce ri substrato di simili ri- cerche è semplicemente metafisica socialista, ed è di- retta e favorire certe dottrine a priori.
84. Più assai dell'origino dei sentimenti preme- rebbe di conoscere come presentemente sorgono, si mutano, si dileguano. Infine, il conoscere come nelle società primitive sono nati certi sentimenti appaga solo la curiosità (I, 33), e poco più è utile; simil- mente il conoscere i confini del mare, nelle remote epoche geologiche, poco o nulla giova al navigante, a cui preme di conoscere quei mari come ora sono. Disgraziatamente ben poco sappiamo della storia naturale dei sentimenti al presente.
85. (§ 6, y). Sotto i nostri occhi, in Francia, ove più progredisce la democrazia, sono accaduti mu- tamenti notevoli nella seconda metà del secolo XIX.
1 sentimenti religiosi paiono avere aumentato di inten- sità ; ma in parte hanno mutato forma, ed una nuova religione giacobina-socialista ha conseguito vita rigogliosa (2).
(1) L'individuel et le vociai; rapport au Congrès inter- national de philosophie, Genève, 1904.
(2) Ecco un esempio, fra tanti che si potrebbero recare,
Economia politica. - 7.
98 INTRODÙZ. ALLA BOIBNZA SOCIALE [$ 85]
Si possono notare i seguenti mutamenti nei sen- timenti morali. 1." Uu aumento generale di pietà morbosa, a cui si dà il nome di umanitarismo. 2.° Più specialmente un sentimento di pietà e anche di benevolenza pei malfattori, mentre cresce l'in- differenza pei mali «lei galantuomo offeso da quei malfattori. 3.° Un aumento notevole di indulgenza e di approvazione per il mal costume femminile.
I fatti che etanno in relazione con quei muta- menti sono i seguenti: 1.° L'aumento di ricchezza del paese, il che permette di sciuparne una parte per V umanitarismo e per l'indulgenza pei malfattori. 2." La maggior partecipazione che hanno le classi povere al governo. 3.° Il decadere della borghesia. 4.° Lo stato di pace non interrotto per trentaquat- tro anni.
del come i più ora intendono la nuova fede. M. Pidonx, La jeunesse socialiste, Lausanne, 15 janvier 1903: « Le socialismo est lui moine une religion. C'est la religion par excellence, la religion humaiue qui ne croit plus hypoorite- meut à un monde meilleur, mais qui veut que les boni- mea, solidaires les una des autres, unissent leurs etìbrts pour l'aire de la terre uu paradis où l'espèce humaine puisse jouir de la plus grande somme de bonheur pos- sible... Cette religion vaut bien celle qui depuis Tingi, siècles a piante sa croix sur la terre... Notte religion veut ótablir entro leshoiumes regalile... Elle est la re- ligion de l'homme, de la science, dola raison... Notre reli- gion fait germer daus les cceurs l' amour du prochain et la baine du mal. Elle fait gormer aussi la róvolte qui libere et. qui console... Elle fait germer la révolte contro la societó où nous vivons, et preparo la transfor- matiou do celle-ci sur les bases du collectivisme. Deux religions sont en présence. L'iuie est la religion de l'è- goisme et de l'erreur, l'autre est celle de la solidaritéet do la science. Cotte deridere sera la religion de l'avenir »
[$ 85-86J INTKODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 99
Le relazioni dipendeuti dal pi-imo fatto appar- tengono al genere notato ai § 76-79. Quelle dipen- denti dal secondo fatto sono del genere notato al § 80.
Infine il movimento La principiato nelle classi intellettualmente elevate, si è manifestato nella let- teratura, e poi è sceso nelle classi inferiori, ed ha preso forme pratiche.
86. I sentimenti di biasimo per i malfattori, spe- cialmente per i ladri, sono certamente molto affie- voliti; ed oggi sono ritenuti buoni giudici coloro che, con poca scienza e nessuna coscienza, cupidi solo di malsana popolarità, proteggono i malfattori e sono rigidi ed aspri solo contro i galantuomini ; il «piale concetto difficilmente avrebbe capito nella mente del maggior numero dei francesi che vive- vano, por esempio, nell'anno 1860 ; sebboue già fin da quel tempo avesse fatto capolino nella lettera- tura; ma pareva cosa che dovesse rimanere sèmpre Delia finzione romanzesca.
Egualmente pel mal costume. Puf» darsi che ne fatti esso non sia maggiore ora di ciò ohe fosse un cinquanta anni fa; ma la teoria è certamente mu-; tata.
Ed anche tale mutamento venne dalla parte in- tellettuale della società, e apparve dapprima sotto forma esclusivamente letteraria; la quale da molti era accettata come semplice evago della mente, senza credere che potesse un giorno aver parto nella morale sociale.
Poscia questi e quei mutamenti divennero arma dei partiti sovversivi del presente ordine sociale, trassero aiuto dallo dottrine socialiste, e ad esse ne porsoro; mentre orano accolti da una borghesia decadente, avida di godimenti perversi, come spesso accado per gli esseri degenerati.
100 INTRODOZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 86-87 J
Il diritto positivo seguì solo in ritardo quell'evo- luzione della morale; onde certi giudici, cupidi delle volgari lodi e anche desiderosi di ingraziarsi i nuovi governanti, apertamente mostrano di disprezd zare il codice e le leggi, e vanno in corca dei con- sideraudi delle loro sentenze nei romanzi della Sand e nei Miserabili di Vittor Ugo.
87. Il minor biasimo per chi ruba ha forse qualche relaziono col progredire delle teorie con- trarie alla proprietà individuale; ma tale relazione uon è punto sicura; invece appare molto più chiara quella colla democrazia e col suffragio univer- sale (1). Occorre qui notare che, anche se i de- linquenti fossero proporzionalmente in egual nu- mero nelle classi superiori e in quelle inferiori, seguirebbero tuttavia effetti diversi secondo che il potere piega più da quella o da questa parte.
Nelle classi superiori si mira a mantenere le leggi o lo norme del costume, mentre si trasgredi- scono; nello classi inferiori si mira a mutare quello stesse leggi e norme; e ciò accade perchè il potente si pone sopra alla legge ed al costume, il debole vi ò sottoposto.
I casi in cui, ora in Francia, i deputati debbono salvare piccoli delinquenti loro elettori dalle con- seguenze del mal fare sono giunti a sì gran numero, che hanno finito col dar luogo a mas- sime generali, che costituiscono una legislazione non ancora scritta, parallela e diversa dalla legisla- zione scritta ; ed i giudici desiderosi di non essere maltrattati dal governo, o di acquistare grazia
(1) Nell'Australia, i furti d'oro nelle miniere rimangono impuniti, perchè i ladri sono molti, ed hanno, col voto, parte uon disprezzabile nel governo.
L$ 87] INTRODtJZ. ALLA 8C1KNZA SOCIALE lOl
presso di esso , seguono quella , non questa. In realtà, nou si procede pili per molti e molti de- litti, che pure sarebbero ancora puniti dalle leggi (IX, $ 32 e seg.). I magistrati scherzano allegra- mente sull'adulterio. « Perchè volete proseguire nell'arringa? — diceva uno di quei giudici all'av- vocato che trattava la causa — Tanto voi conoscete la tariffa del tribunale ; sono venticinque franchi, e basta ». Tale è pure la tariffa degli altri giudici francesi ; anzi colui che, coll'essere benevole ai malviventi, si è acquistato il nome di buon giudice, fa soltanto pagare per l'adulterio la tenue ammenda di un franco ; e lieto gode di questa nuova offesa alla le^ge, all'ordinamento della famiglia, al buon costume.
Parecchie di quelle prostitute, tanto care a certi giudici, si fanno pagare di più ; e sono ben maggiormente punite quelle povere donne che, dopo di avere appartenuto ad una congregazione reli- giosa, sono accusate di fingere di non apparte- nervi più ; e, tra le prove, si pone quella del man- tenere il voto di castità.
Il crescere della democrazia ha dato vigore al sentimento di eguaglianza tra i due sessi ; ma ò probabile che maggiormente ha operato il non es- servi più state guerre; poiché è in queste che principalmente appare la superiorità dell'uomo. Quel sentimento poi di eguaglianza ha portato alla teoria di un'unica morale sessuale per l'uomo e per la donna ; la quale da pochi sognatori è intesa nel senso che l'uomo deve essere maggiormente casto; ma dai più, che badano al concreto, è intesa nel senso che per la donna la castità è semplicemente an'anticaglia.
C'è persino uno scrittore che ha rivendicato per
102 INTItODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALK [§ 87 88]
la donna « il diritto all'immoralità ». — Il modo di vivere delle ragazze, divenuto ognora pia li- bero, non pone certo ostacolo all'unione irregolare dei sessi ; sebbene ciò sia negato da molti che ve- dono le cose come le desiderano e come impone la lede loro nel « progresso », e non come sono in realtà e come lo sanno i ginecologia, di cui lo libere e moderne ragazze sono ottime clienti.
La facilità dogli aborti in alcune grandi città moderne fa tornare in mente Roma descritta da Gio- venale; ed il pubblico sente senza disapprovare e senza essere disgustalo una commedia che, dandone la colpa alla «società», giustitìca indirettamente il procurato aborto.
In relazione con tutti i fenomeni notati sta la decadenza della borghesia ; la quale decadenza non è altro che un caso particolare di un fatto molto più generale; cioè della circolazione delle parti elette della popolazione.
88. L'esempio della Francia ha un'azione sui sentimenti di popoli, come per esempio l'italiano, che ha con quel paese molte e frequenti relazioni personali ed intellettuali; onde appare una nuova cagione di mutamenti nei sentimenti, cioè l'imi- tazione.
Né tale imitazione ha aolo luogo tra popolo e popolo, bensì anche tra lejvarie classi sociali, e tra i vari individui che le compongono : perciò un mo- vimento, nato in un punto qualsiasi di una società, si estende per imitazione ; e seguita ad estendersi ove trovi circostanze favorevoli ; oppure si spegne se le trova contrarie.
All'imitazione fa riscontro l'opposizione(l). Quando
(1) Sull'Imitazione e sull'opposizione si possono vedere
[§ 88-89J INTRODDZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 103
una dottrina è generalmente accolta, sorge per l'ap- punto olii l'oppugna. A molti uomini, sentendo ri- petere sempre una cosa, viene voglia di affermare il contrario. Una teoria troppo spinta per un verso, fa nascere necessariamente una teoria troppo spinta pel verso opposto. Le teorie deWutnanilarismo e dell'eguaglianza degli uomini, hanno per contrap- peso necessario le teorie egoiste del superuomo del Nietzsche. Nel medio evo le streghe erano una produzione dell'esaltazione religiosa.
89. ('§ 6 <?). Vediamo come le relazioni oggettive ora studiate si trasformino in relaziori soggettive. In generale si osservano le seguenti uniformità:
1.° Vi è una doppia trasformazione. Una relaziono oggettiva reale A si **
trasforma, senza che l'uomo ne sia con- A
sapevole, in una relazione soggettiva B. ' \ A
Poscia, essendovi nell'uomo tendenza a t trasformare le relazioni soggettive in re- lazioni oggettive, la relazione Bvienetras- formata in altra relazione oggottiva C, diversa da A e generalmente immaginaria. 2.° L'uomo tende sempre a dare valore assoluto a ciò che è con> tingente. Tale tendenza viene in parte appagata dalla trasformazione del fatto contingente B nel fatto im- maginario C, molto meno contingente, od anche as- soluto. 3.° L'uomo ha tendenza di stabilire una re- lazione logica tra vari fatti che egli sente essere
i libri del Tarde: Les loia de timitation ; L' opposition uni' vergelle-, i quali, per altro, mancano di precisione scientifica in modo veramente straordinario.
Rammenti il lettore che, per ragione di spazio, dob- biamo appena accennare teorie sulle quali si possono scrivere interi volumi.
104 1NTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 89-90]
dipendenti, senza capire bene come e perchè. Inoltre tale relazione logica è di solito quella di causa ad effetto. Se si eccettua la meccanica e le scienze affini , lo relazioni di mutua dipendenza sono pochissimo usate. 4.° L'uomo è mosso da interessi particolari, e principalmente da sentimenti, mentre si figura e fa credere ad altri che è mosso da interessi generali.
Frequentissimo ò il caso in cui A (fig. 4), è un interesse particolare che, senza esserne l'uomo con- sapevole, si trasforma in B ; e poi B si trasforma in un interesse generale C, che è immaginario. Accade anche spesso che la trasformazione A B principia coli' avere luogo consapevolmente , cioè l'uomo sa di essere guidato da un interesse particolare, e poi, poco alla volta, lo dimentica, e alla relazione A B sostituisce la relazione C B; cioè crede di essere mosso da un interesse generale.
Spieghiamo meglio questo cose con un esempio. A figura sentimenti di socialità e certe relazioni di utile per l'individuo e la specie; B figura senti- menti di benevolenza verso l'ospite; C figura la spiegazione che di quei sentimenti si dà, dicendo che l'ospite viene da Zeus. Altro esempio: A figura i sentimenti di cupidigia dell'uomo povero; Bèi] sentimento che il ricco deve dare al povero; C è il principio della « solidarietà > tra gli uomini.
90. Occorre aggiungere che la credenza nella causa immaginaria C è a sua volta un fatto psi- chico, e quindi trovasi tra i fatti reali del genere di A, i quali danno origine a B. Si ha così un se- guito di azioni e di reazioni. Ciò si vede bene nel linguaggio.
I fatti della fonetica o della sintassi non hanno certo avuto origine da certe regole grammaticali
[§ 90-91] iNXRonuz. alla scienza sociale 105
preesistenti; ma al contrario questo sono state tratte da quelli. Per altro, quando tale operazione è stata compiuta, l'esistenza di tali regole ha operato, a sua volta, sui fatti della fonetica e della sintassi. Similmente pei fatti del diritto. Sebbene ci sia ancora chi ad essi assegni cagioni immaginarie, come ad esempio, dando ad essi per origine un certo «$ senso giuridico », si principia ora ad intendere che, all'op- posto, dai fatti del diritto trassero origine le nonno astratte (§ 80), e, se vuoisi, anebe quel senso giuridico; ma, quando poi quelle norme e quel senso ci furono, divennero fatti come qualsiasi altro, e quindi operarono come tali per determinare le azioni umane. Anzi, in questo caso particolare, tale opera divenne presto principalissima e prevalente, poiché quelle norme vennero imposte colla forza.
91. Quando per C si prende il principio, che è morale tutto ciò ebe può assumersi conio norma generale delle azioni umane (od altro simile prin- cipio), si verificano tutte le uniformità del § 89. 1.° I sentimenti morali che si vogliono per tale modo spiegare nascono da certi altri fatti ogget- tivi A, come già vedemmo. 2.° Il principio posto è assoluto ; non c'è restrizione né di luogo né di tempo ; vale per il negro più decaduto e per l'eu- ropeo più incivilito, per l'uomo preistorico e per l'uomo moderno; la relazione C B diventa del ge- nere di un teorema di geometria, che vale in ogni luogo e tempo. I metafisici non scorgono l'assurdo di tale conseguenza. 3.° La relazione tra quel bel principio della norma generale delle azioni umane e la conseguenza B che se ne vuole trarre, è logica almeno in apparenza, e per quanto lo consente l'indole di quel principio, che non ha contenuto reale (§ 38). Inoltre quella è relazione tra una
106 INTRODUZ. Al LÀ SCIENZA SOCIALE [§ 91]
causa C e un effetto B. 4.° Quel ragionamento è usato principalmente per chiedere altrui di consen- tire a qualche sacrificio, o per ottenere che la po- destà pubblica a lui lo imponga. Se si dicesse : « datemi tale cosa, perchè a me fa comodo », da pochi si sarebbe seguiti ; giova invece dire: « datemi tale cosa, perchè ciò giova a tutti » , e così si hanno alleati. Notisi che con quel tutti non si comprende solitamente l'uomo a cui si toglie la roba; ma spesso figura il maggior numero; e basta ciò, perchè, in quei ragionamenti pseudo-scientifici, non si veda l'incongruenza dell'espressione.
Gli operai scioperanti combattono i padroni delle officine ed accoppano i compagni che vogliono la- vorare in nome della « solidarietà ». E evidentis- simo che tale solidarietà ben si può intendere tra gli scioperanti, ma non tra questi e i padroni e i « Krumiri ». Ma i teorici discorrono invece della solidarietà tra tutti gli uomini ; e poscia estendono le proposizioni ottenute a quell'altra solidarietà, che meglio potrebbesi dire consorteria. La solidarietà è sempre ottima per ricevere, non è mai buona per dare. L'operaio che guadagna dieci lire al giorno stima che, in nome della solidarietà, il ricco a lui deve far parte delle sue sostanze ; ma troverebbe ridicolo che a lui si chiedesse, in nome di quella stessa solidarietà, di far parte del suo guadagno a chi ha di salario una lira o poco più al giorno.
La « democrazia » degli Stati Uniti d'America ha per principio l'eguaglianza degli uomini; ed è perciò che in quel paese civile si linciano negri ed italiani, si vieta l'immigrazione cinese , e si muo- verebbe guerra alla Cina, se a loro americani fosse vietato di andarci : si respinse dal sacro suolo una coppia italiana perchè non unita in legittimo inatri-
[§ 91-92] INlRODliZ. A LI. A SCIENZA SOCIALE 107
ruouio, mentre gli abitanti del Nuovo continente ven- gono in Europa a fare vedere ben altre prove di mal costume. I socialisti australiani vogliono gio- vare ai « deboli ed agli umili », e la viltà borghese li seconda ma, nel 1904, essendo accaduto ohe un missionario l'osse assassinato dagli indigeni, gli au- straliani fecero una spedizione cbe distrusse senza pietà alcuna molti e molti di quei miseri, anche in- nocentisaimi. I socialisti francesi smaniano per la pace, stimano delitto la guerra, ma è solo quella contro lo straniero; poiché apertamente predicano lo sterminio dei borghesi. Intanto feriscono i « gendarmes i>; a Brest, nel luglio 1904, misero uu laccio al collo di uno di questi e lo volevano stran- golare; ne ferirono tredici con sassi. Ad Armentières incendiarono opifici e saccheggiarono case private e banche: a Marsiglia, per tutto il 1904, furono con- tinui gli scioperi con violenze di ogni genere : nei dipartimenti del mezzodì, gli scioperi agricoli di- vennero vere sommosse. Ma tutto ciò non turbò i sogni dei borghesi, che sono rapiti in estasi per l'imminente avvento di una « nuova e migliore umanità ».
92. Occorre badare che, con quella pseudo-logica che spesso serve per stabilire le relazioni C B, l'eguaglianza di M ad N non ha punto per conse- guenza l'egualianza di N ad M, come accadrebbe colla logica ordinaria. Per esempio, nelle democrazie moderne il povero deve godere gli stessi diritti dell'uomo agiato, perchè tutti gli uomini sono eguali; ma invece non sono più eguali, se si chiede per l'uomo agiato gli stessi diritti che pel povero. Gli operai hanno ora tòri speciali speciali e privi- legiati, cioè quelli dei probi viri, che in certi paesi anno sempre torto al padrone o al borghese, e
108 INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 92]
sempre ragione all'operaio (1). Se un borghese o un padrone incendiasse la casa di un operaio, sarebbe certamente condannato alla pena sancita dalle leggi per tale delitto; invece gli scioperanti francesi e i loro amici poterono incendiare e saccheggiare le case dei padroni, e dei borghesi, senza che il go- verno ardisse adoperare contro di essi la forza pubblica. In Italia gli avvocati socialisti ed i loro aulici si tolgono licenza di usare contro ai magi- strati violenze ed ingiurie che, venendo da altri, sarebbero certamente represse. Nel luglio 1904, a Cluses, ci fu uno sciopero di operai orologieri. Per riprendere gli operai al lavoro, uno dei padroni chiese che pagassero i vetri che avevano rotto al principio dello sciopero. Della strana pretesa furono ndignatissimi gli operai; e ciò si capisce, poiché ognuno tutela il proprio interesse ; ma ne furono pure indignatissimi i borghési umanitari ; e si capi- rebbe meno, se non si ponesse mente di che razza spregievole e decaduta sieno costoro. Il proverbio: « chi rompe paga », vale evidentemente solo per il borghese, non per l'operaio, e meno che mai per 1' amatissimo e reverendissimo operaio sciope- rante. 1/opifieio fu assediato, il bambino di uno dei proprietari fu colpito da un sasso, nello braccia della madre ; i proprietari, per difendersi, spara- rono sugli aggressori. L'opifìcio venne saccheggiato ed incendiato ; e la forza armata che lo circondava nulla fece per opporvisi. Pochi fra i saccheggiatori ed incendiarli, scelti anche fra i meno colpevoli, furono inquisiti. Ma poiché minacciavasi lo sciopero gene- rale, se fossero stati arrestati, aspettarono il giu- dizio a piede libero ; invece i padroni che si erano
(I) Systèmes, I, 136.
[§ 92-93] 1NTKODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 109
difesi subiremo il carcere preventivo ; furono poi condannati (1) ; i saccheggiatori ed incendiarli, as- solti.
Sul fluire del 190o, fu approvata dal parlamento francese un'amnistia per tutti i delitti degli scio- peranti o connessi agli sch peri. Mentre si stava discutendo quell'amnistia, ci furono a Parigi indi- vidui, i quali, fatti sicuri dell'impunità, saccheg- giarono botteghe. Duo di essi furono tratti davanti al tribunale, che dichiarò che per essi valeva l'amnistia, onde più non fu data noia agli altri. Se un bottegaio avesse saccheggiato la casa di uno di (pici malfattori, sarebbe stato certamente condannalo dai tribunali. Eppure, c'è gente che, in perfetta buona fede, crede tale reggimento essere quello del- l'eguaglianza dei cittadini, e che spasima di gioia pensando quanto sia superiore agli antichi reggi- menti, nei quali eraiivi cittadini privilegiati.
93. Accade anche che chi vuole far credere es- sere mosso da un interesse generale invece. che da un interesso particolare, non è di buona fede. Tra i sofismi usitatissimi quando si vuol colpire par- ticolarmente una certa cosa E, fingendo di stabi- lire invece un provvedimento generale, è da notarsi il seguente. La cosa E ha certi caratteri M, I\T,
P, ; se ne seieglie uno, per esempio M, che, in
apparenza, valga a distinguere questa cosa da al- tre, e si afferma che il provvedimento è generale e diretto contro M. Lo antiche repubbliche fecero spesso leggi che parevano generali e che, in so- stanza, miravano a colpire pochi individui, o anche un solo.
(1) Persino il governo del Combea finì col vergognarsene- onde, pochi mesi dopo, foce la grazia a quei tapini.
J IO JNTKODCZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 93-94]
Spartii, al principio della guerra dèi Peloponneso, inandò legati ad Atene, chièdendo che « gli ate- niesi espiassero il sacrilegio J'atlo alla dea » (1). Era una perifrasi per chiedere loro che scacciassero Pericle, discendente dal lato della madre dagli Alcniéonidi, reputati rei di tale sacrilegio.
11 sofisma diviene anche più manifestò quando M si trova pure in altra cesa F, per la (piale non vale il provvedimento l'atto contro E, dicesi, a ca- gione di M. Per esempio, ora in Francia, volendosi vietare allo congregazioni religiose di insegnare, ci fu chi asserì che il divieto mirava solo a togliere che coloro che non erano coniugati, potessero insegnare. Ma è pure manifesto che, se i maschi appartenenti alle congregazioni non hanno moglie, e le femmine non hanno marito, è pure vero che uou tutti i ce- libi appartengono alle congregazioni ; ondo, se si volevano colpire, era necessario farlo direttamente e non attraverso alla congregazione.
94. Un medesimo concetto può esprimersi in va- rie lingue; e nella stessa lingua, può esprimersi in vari modi. Una stessa contesa che pochi secoli fa avrebbe preso forma teologica, oggi prenderebbe forma socialista. Quando si sente dire nel gergo moderno che una legge ò « largamente umana », occorre tradurre o dire che favorisce gli infigardi e le birbo, a scapito degli attivi e degli onesti. Chi volesse esprimere che un uomo a lui paro degno di biasimo, usando il linguaggio dei secoli di mèzzo, direbbe che è un eretico scomunicato; usando il linguaggio dei giacobini sul finire del secolo XVIII, che è un aristocratico; usando il linguaggio dei gia-
(1) Thtiryiì., I, 126 : « . . . s/.iXsoov teiò^''À8vjyà:oo? tè a|o<; siiàuVetv ti) e; 0eo5.
[$ 94-y5] 1NTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 111
cobini moderni, che è un reazionario (1). Sono questi semplicemente modi diversi di esprimere la stessa cosa.
Più generalmente, si può osservare che, nella so- cietà, un fenomeno, che rimane sostanzialmente lo stesso, assume col volgere del tempo l'orine diverse e spesso assai differenti; ossia si ha la permanenza di uno stesso fenomeno sotto varie forme (2).
95. Quanto precede ci fa vedere che vi è una parte di verità nell'osservazione di G. Sorel che ciò che concerne la patria e la tradizione ha il ca-
li) Il corrispondente da Parigi, del Journal de Genève (29 gennaio, 1905), osserva : « Car le mot de clórical a tont ausai bieu perdu son sons propre aujourd'bui que celai d'aristocrate sous le comi té de Salut public.
(2) Per i molti fatti che si possono citare in sussidio di questa teoria, vedansi Sygièmès, e nell'indice di quel libro: Persista/noe dcs mémes phénomènes sociaux. Qui aggiungiamo solo un fatto seguito dopo che quel Libro fu pubblicato.
Nella seduta del Senato francese, del 24 giugno, 1904, il presidente del Consiglio, Combos, difendendo la legge che esclude dall'insegnamento le congregazioni religiose, disse: « Nous croyons qu'il n'est pas chimérique de considérer comme soubaitable et cornine praticatilo do réaliser dans la Franco contenipòraine, ce que l'aucien regime avait si bien róalisé dans la Franco d'ttu'trefòis. Un seni roi, une soulo foi: felle ótait alors la devise. i Getto maxime a fait la force de nos gouvornements ino- j uarchiques, il faudrait en trouvor uno qui soit aualogue et qui correspoudo aux exigenees du tomps presone. »
Moltissime persone, in Francia, pensano allo stesso modo; ed è notevolissima la persistenza di quello sfato intellettuale, dai tempi della revocazione dell'editto di Nantes, per non risalire pio oltre, sino ai giorni nostri. Muta la forma, rimane la sostanza.
Ì.VA INTBODCTZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 95-96]
ruttore mitico (1) e che « i miti sono necessari per esporre in modo preciso le conclusioni di ima filosofìa sociale che non vuole ingannare se stessa... » (2). Infatti, ogni qualvolta noi vogliamo procurare di intendere ciò che hanno pensato o che pensano certi uomini, occorre conoscere la lingua e i modi coi quali esprimevano i loro pensieri. Il Grote, per esempio, ha con somma evidenza fatto vedere che non possiamo intendere la storia degli antichi elioni, so non procuriamo di fare nostri, quanto è possibile, i miti che costituivano l'ambiente intellettuale in cui essi vivevano.
Similmente chi vuole operare attivamente sugli uomini deve parlare la lingua che usano, ed adope- rare forme che a loro sieno accette, e quindi, ge- neralmente, usare il linguaggio dei miti.
98. Sia la teoria del Sorel è incompleta; perchè, oltre a quei fenomeni soggettivi, ve ne sono pure di oggettivi, e non si può proibire ad altri di occu- parsene. Il suo errore viene dal precetto che egli pone, che cioè « la sociologia deve avere sino dai principii un andamento schiettamente soggettivo, che sappia ciò che vuol fare e che subordini tutte le sue ricerche al genero di soluzioni che vuol di- fendere » (3). Ciò può ben essere opera di propa- ganda, ma non è scienza. Non contendiamo sui termini; abbia pure quella cosa il nome che si vuole; come si può vietare ad uno di indagare quali fatti oggettivivi sono sotto quei fatti soggettivi, o an- che solo di ricercare lo uniformità che presentano quei modi di considerare i fatti soggettivi?
(1) La vitine du monde antique, p. 213.
(2) Introduetion à l'economie moderne, p. 377.
(3) Introduetion à l'economie moderne, p. 368,
l§ 96-97] INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 113
Il Sorel etesso ci dà un esempio dei due generi di considerazioui che comporta un fatto soggettivo. Egli dice che « è probabile che Marx aveva pre- sentato la concezione della catastrofe [la distruzione della borghesia operata dalla concentrazione della ricchezza] come un mito ohe illustra chiaramente la lotta di classe e la rivoluzione sociale » (1).
Il Marx può avere avuto il concetto che a lui meglio piaceva; ma a noi sarà pure lecito indagare se quella catastrofe ha avuto luogo, o non ha avuto luogo, entro i limiti di tempo ad essa assegnati. Non si concepisce come e perchè sarebbe vietato agli uomini di occuparsi di tal fatto oggettivo.
Inoltre, se il Marx intendeva discorrere per via di miti, sarebbe stato bene ehe ce lo facesse noto prima che gli eventi smentissero le previsioni ; al- trimenti il mestiere del profeta diventa troppo fa- cile. Uno fa una profezia ; se è verificata dai fatti, si ammira la perspicacia del suo autore ; se è smeutita, si dice che è un mito.
97. (6 6 e). Sinora le nostre indagini sono state volte a fatti che seguivano, a movimenti che pos- siamo dire reali, per distinguerli da altri ipotetici che diremo virtuali (III, 22),
L'argomento non è esaurito dallo studio del come certi fatti seguono: rimane un problema di gran momento ; cioè di sapere se uno dei fatti che stanno in relazione fosse, per ipotesi, modificato, quali mutamenti proverebbero gli altri. E tale pro- blema è preparazione necessaria per sciogliere un secondo problema, che indaga quali sono le circo- stanze che procacciano il massimo utile alla società,
(1) Introduction à l'economie, moderne, p. 377. Economia, •politica. - 8.
114 INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 97-99]
a parte della società, ad un individuo determinato, quando, naturalmente, si definisca prima cosa s'in- tende per quell'utile.
98. Quei problemi si pongono per tutte le azioni dell'uomo, e quindi anche per quelle che sono og- getto della politica. Essi, in pratica, sono di mag- gior momento di tutti gli altri; anzi, sempre sotto l'aspetto pratico, sono i soli che premono, ed ogni altro studio è utile solo come preparazione ad essi. Ma sono altresì i più difficili ; li troveremo in eco- nomia politica, e per quella materia potremo avere soluzioni almeno approssimate. Invece, per quanto ha attinenza alle azioni che dipendono dai senti- menti e dalla politica, non esistono soluzioni, nem- meno grossolanamente approssimate, di quei pro- blemi ; ed in tale differenza sta la ragione principale per cui l'economia politica è più progredita di altri rami delle scienze sociali.
99. Fondamento di ogni ragionamento nella pre- sente materia è il problema seguente : Quali effetti sui sentimenti avranno certi dati provvedimenti? Non solo non siamo menomamente in grado di risolvere, in generale, teoricamente quel problema; ma ci mancano persino le soluzioni pratiche, che sogliono nella storia delle conoscenze umane precedere le teoriche, ed essere spesso la materia da cui que- ste si traggono. Anche gli uomini di Stato di maggiore ingegno errano quasi sempre quando cer- cano quelle soluzioni. Basti su ciò l'esempio del Bismark. Egli voleva sciogliere il problema se- guente : Quali provvedimenti possono affievolire i sentimenti dai quali traggono forza il partito cat- tolico e il partito socialista? Credette di avere tro- vata la soluzione coi provvedimenti del Kullur*
ampf e dello leggi eccezionali contro ai socialisti.
[§ 99-100] INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 115
I fatti dimostrarono che era caduto in grandissimo errore. Gli effetti che seguirono furono 'proprio l'opposto di quelli ai quali mirava: il partito cat- tolico domina nel Eeicbstag ; il partito socialista prospera ognor più, e ad ogni elezione crescono i numeri di voti che raccoglie. Non solo i provvedi- menti del Bismark non hanno impedito ciò, ma anzi hanno molto giovato a che seguissero tali fatti (1).
100. Le difficoltà che si oppongono a costituire una teoria in tale materia sono in parte oggettive, in parte soggettive.
Tra le difficoltà oggettive noteremo le seguenti: 1.° I fenomeni avvengono molto lentamente, enon presentano quindi quella frequenza necessaria per potere, con prove e riprove, costituire una teoria. Tutte le scienze sono straordinariamente progredite, eppure, nella materia di cui ci occupiamo, quanto di meglio abbiamo sta ancora nelle opere di Ari- stotile e del Machiavelli. Fra le tante ragioni di tale fatto, non è ultima quella che quei due autori vissero in tempi in cui i mutamenti politici erano rapidi, molteplici nello spazio, frequenti nel tempo; onde Aristotile, dalle molte repubblicbe greche, il Machiavelli, dai molti Stati italiani, ebbero materia abbondantissima per i loro studii.
Poniamo che esperimenti, simili a quello ora ri-
ti) In fino, anche oggi, quanto sappiamo di piìi sicuro su tali argomenti ci è dato dall'osservazione del Ma- chiavelli: «... gli uomini ai debbono o vezzeggiare o spegnere, perchè si vendicano delle leggiere offese ; delle gravi non possono ; sicché l'offesa che si fa all'uomo deve essere in modo che la non tema la vendetta ». Il principe, eap. III.
116 INTRODUZ. ALLA SCIENZA SOCIALE |§ 100]
ferito del Bisinark, fossero stati molti e compiuti in pochi anni; noi ora, paragonandoli insieme, ricer- cando ciò che potevano avere di comune e ciò che potevano avere di diverso, finiremmo forse collo scoprire qualche uniformità, che sarebbe nn principio di teoria. Invece ci ò toccato aspettare sinora por vedere un altro simile esperimento; quello cioè della battaglia che danno presentemente giacobini francesi ai cattolici. Se sortirà effetto si- mile a quello conseguito dal Ktdturkampf germanico, avremo nn indizio di uniformità. Ma quanto è lieve un indizio tratto da due soli fatti !
2.° 1 fenonomi attinenti al sentimento non si possono misurare con precisione : quindi ci fa di- fetto il sussidio della statistica, tanto utile in economia politica. L'asserzione che certi sentimenti si affievoliscono, o rinvigoriscono, è sempre un poco arbitraria, e dipende sempre alquanto dall'in- dole dell'autore che per tale modo giudica gli eventi.
3.° I fenonemi sono molto più rari e complessi di quelli studiati dall'economia politica ; e sono la risultante di molte più cause, o, meglio, sono in mutua relazione con molti più altri.
4.° La qualità loro di essere spessissimo non- logici ($ 3), ci toglie di poterli porre in vicendevole relazione mediante deduzioni logiche; il che invece si può fare in economia politica. Aggiunge difficoltà il fatto che gli uomini sogliono dare alle loro azioni motivi logici non reali.
5.° È difficilissimo di conoscere precisamente i sentimenti altrui e persino i proprii; onde la ma- teria che dovrebbe essere fondamento della teoria è sempre alquanto incerta. Per esempio, al § 99 abbiamo recato come prova che i sentimenti socia-
[§ 100 101] INTRODUZ, ALI.A 80IKNZA SOCIALE 117
listi avevano acquistato vigore in Germania, il fitto che aumentava il numero dei voti che racco- glieva il partito socialista. In ciò vi è solo un in- dizio, che ha bisogno di essere avvalorato da altri; porche molti di quei voti non sono di socialisti, bensì di radicali, di liberali, di malcontenti. 101. Diciamo ora delle difficoltà soggettive.
1.° Gli amori non cercano quasi mai quale è la verità, ma cercano argomenti per difendere ciò che già credono essere la verità, e che è per loro ar- ticolo di fede. Kicerche di quel genere sono sempre, almeno in parte, sterili. E non solo gli autori se- guono quella via perchè involontariamente soggiac- ciono alle passioni; ma la percorrono per deliberato volere; nò si ritengono dal biasimare acerbamente chi si rifiuta di ciò fare. Quante sciocche ed insulso accuse furono mai fatto al Machiavelli ! Tale dif- ficoltà esiste pure per l'economia politica ; e simil- mente le difficoltà che ora noteremo sono comuni all'economia politica ed alla sociologia. La maggior parto dogli economisti studiano ed espongono la materia loro avendo in mente di giungere ad mia determinata meta.
2.° Infiniti sono i pregiudizi e i concetti a priori dipendenti dalla religione, dalla morale, dall'amor patrio, ecc., che tolgono di ragionare scientifica- mente delle materie sociali. I giacobini, ad esem- pio, credono sul serio che « i re e i preti s> sono la cagione di ogni male dell'umanità (1), e vedono tutta la storia attraverso quegli occhiali affumicati. Molti di loro si figurano che Socrate sia stato vit- tima dei « preti » ; mentre, proprio i preti, nulla hanno avuto che fare nella condanna di Socrate.
(1) Systèmeg, IT, p. 491.
118 INTRODtJZ. ALLA SCIENZA SOCIALE (\S 101]
Per molti socialisti, ogni guaio, piccolo o grande, che possa toccare all'uomo è sicura conseguenza del « capitalismo ». Il Roosevelt e persuaso che il popolo americano è immensamente superiore ad ogni altro popolo, e quindi non si accorge quanto ridicolo sia il citare il Washington per farci sapere che « il modo più sicuro di avere la pace è di pre- parare la guerra » (American Ideals, cap. Vili; e quel capitolo ha per titolo : Un precetto dimenti- cato del Washington ! !). Veramente noi miseri eu- ropei credevamo che, un poco prima del Washington, certi abitanti di un paesucolo chiamato Lazio aves- sero, nel loro idioma, detto: si vis pneem, con quello che segue : ma si vede che eravamo in er- rore, e che i latiui devono avere copiato il Washin- gton e ripetuto cosa da lui prima detta.
Altre difficoltà di quel genere si possono vedere uelì' Introduzione alla scienza sociale di Herbert Spencer.
Pari difficoltà si incontrano nello studio dell'eco- nomia politica. Gli economisti « etici », con grande prosopopea, discorrono a caso di ciò che non inten- dono. Altri, per ricoprire tale ignoranza, si gonfia le gote, e tronfio come un pavone fa sapere al pubblico che segue « il metodo storico ». Altri discorre del « metodo matematico », e lo giudica, lo condanna, lo distrugge; ma ne ha tanta ooDOseen^a- quanto un ateniese contemporaneo di Pericle poteva averne della lingua cinese.
3." La difficoltà soggettiva indicata al N. 5 del $ 100 sta in relazione con una difficoltà soggettiva analoga ; cioè a noi riesce difficilissimo di non giu- dicare le azioni altrui coi sentimenti nostri. Nella storia è solo da poco tempo che si è inteso che, per avere un chiaro concetto dei fatti di un dato popolo
[§ 101] IKTRODCZ. ALLA SCIENZA SOCIALE 11!)
e di un dato tempo, occorreva procacciare, per quanto ò possibile, di vederli coi sentimenti e lo idee di un uomo di quel popolo e di quel tempo. E si e così scoperto che ci sono coso che, pure avendo lo stesso nome ,souo essenzialmente diverse, nei luoghi e nei tempi diversi in cui furono osservate. 1 giacobini francesi della prima rivoluziono crede- vano, e parto dei loro presenti successori credono, essere la repubblica francese simile e pressoché eguale alla repubblica romana o alla repubblica ateniese.
4.6 Solo la fede sprona vivamente gli uomini ad operare: perciò non è punto desiderabile, pel bene della società, che i più, o anche solo molti di essi, trattino seien tificamente le materie sociali. Quindi abbiamo un contrasto tra le condizioni per operare e quelle per sapere (1). E da ciò ricavasi nuovo argomento (§ 60) che fa vedere (pianto sia poco savia l'opera di coloro clie vogliono a tutti indistintamente, senza discernimento, estendere il sapore. Ben è vero che il male che potrebbero recare
(1) Per esempio il libro del Roosewelt: American Ideate, potrà, forse essere utile per spingere ad operare i citta- dini degli Stati Uniti, rua, per fermo, nulla aggiunge alle nostre conoscenze, e il suo valore scientifico è molte prossimo a zero.
L'autore crede che il suo paese sia il primo del mondo « avere il nome di americano è avere il più onorevole di tutti i titoli ><: altri crede pure ciò del proprio paese; un inglese può crederlo dell'Inghilterra; un tedesco, della Germania; ecc. Logicamente le due proposizioni seguenti: A è primo rispetto a B ; B è primo rispetto a A ; sono contradditorie, e non possono sussistere insieme, ma possono bensì sussistt-re insieme se sono volte solo a spingere gli uomini ad operare
120 INTKODL'Z. ALLA SCIENZA SOCIALE [§ 101]
è corretto, in qualche parte, dal fatto che ciò elio essi chiamano supere è semplicemente una qualità particolare di fede settaria ; onde, piuttosto che i mali dello scetticismo, sono da considerarsi quelli che da tale fedo hanno origine.
5.° Il contrasto tra le condizioni por operare e quello per sapere appare anche in ciò, elio, per ope- rare, noi seguiamo senza altro certe norme del co- stume e della morale ; né veramente sarebbe possi- bile fare diversamente, non fosse altro perchè mancherebbero tempo e mezzi per risalire sino alle origini, in ciascun caso particolare, e farne la teoria completa ; invece, per conoscere le relazioni delle cose, per sapere, occorre appunto discutere quei priucipii stessi.
Ad esempio, in un popolo bellicoso, i costumi sono favorevoli ai sentimenti guerrieri; ammessi' che il popolo rimanga bellicoso, è utile ad esso che, almeno entro certi limiti, le opere degli individui vadano d'accordo eon quei sentimenti ; sta dunque bene, sempre entro quei limiti, il giudicare che una data opera è nociva per ciò solo che contrasta con quei sentimenti. Ma tale conclusione non sussiste più, ove si indaghi se giovi a quel popolo l'essere bellicoso o pacifico.
Similmente, dove esiste la proprietà privata, esi stono sentimenti che sono urtati dalle offese a quelli proprietà ; e, sinché si stimi utile di mantenerla, i logico di condannare gli atti che contrastino con qui sentimenti; i quali, per tale modo, sono valida mi sura di ciò che è bene o male in quella società. Ma cessano di essere tali, ove